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giovedì, gennaio 26, 2012

I viaggi di Luca Cavalli Sforza

Luca Cavalli Sforza è il più grande genetista italiano di fama mondiale che ha passato la sua vita a inseguire i grandi misteri umani mettendo insieme pezzi di DNA. Ha sempre sostenuto che la genetica è fondamentale per capire il presente e il futuro delle malattie, ma anche per capire la nostra storia, capire noi stessi, la genetica ci dice come siamo fatti.

Quasi tutte le sue scoperte genetiche nel campo dell’antropologia le ha fatte girando il mondo e il Comune di Milano ieri nel giorno del suo compleanno gli ha regalato una mostra dal titolo “I viaggi di Luca Cavalli Sforza. Ancora una volta ero io il curioso” che sarà aperta fino al 1 aprile 2012 presso l'Atrio dell'Aula Magna del Museo di Storia Naturale.

Fotografie e immagini raccontano non uno scienziato in camice ma un ricercatore avventuriero in divisa da esploratore con l’unico obiettivo di trovare le tracce delle migrazioni umane avvenute secoli fa e che gli hanno permesso di recuperare informazioni necessarie per ricostruire il passato dell’evoluzione umana.

Da dove veniamo? Perché siamo tutti africani? Davvero nelle nostre cellule ci sono ancora le tracce della prima donna che ci ha lasciato il suo Dna mitocondriale e del primo uomo che ci ha lasciato il suo cromosoma Y?

Queste sono le domande che invece si pongono a Roma dove è stata allestita un’altra mostra multimediale al Palazzo delle Esposizioni fino al 9 aprile dal titolo Homo Sapiens

Luca Cavalli Sforza ha elaborato il concetto di “geografia genetica” e tramite l’analisi del DNA ha delineato la storia dell’uomo e i suoi spostamenti dall’Africa fino alla colonizzazione del pianeta.

Per lui il concetto di “razze” non ha senso dato che i suoi studi stabiliscono che apparteniamo tutti ad un unico ceppo genetico, nel 1999 ha ricevuto il premio Balzan per le ricerche sulle origini dell’uomo.

Per approfondire
Il caso e la necessità
Ragioni e limiti della diversità genetica

lunedì, settembre 19, 2011

L'illusione dei sogni


Intervista ad Allan Hobson, l'anti - Freud

Sogni romantici, incubi spaventosi. Comunque misterioso frutto dell'inconscio, quell'incontrollata parte di noi che fuoriesce la notte e racconta, finalmente libera dalla censura della coscienza, la parte profonda del nostro io: paure, desideri irrealizzati o repressi, ansie e speranze. Sogni da leggere fra le righe. Come hanno fatto Freud, padre della psicoanalisi, che all'attività onirica ha dedicato il suo ponderoso Traumdeutung, e prima di lui i sacerdoti di Apollo dei Templi di Esculapio, nella Grecia antica, o nel II secolo dopo Cristo Artemidoro di Daldi, il primo a mettere per iscritto uri Interpretazione dei sogni. Ora cancelliamo tutte queste teorie. «Sì, gettatele nella toilette e tirate lo sciacquone».

martedì, agosto 23, 2011

Boncinelli al Festival della Mente

Edoardo Boncinelli sarà il grande protagonista dell'ottava edizione del Festival della Mente, il primo festival europeo dedicato alla creatività e ai processi creativi. Il festival si terrà a Sarzana (SP) dal 2 al 4 settembre. Il genetista italiano sarà impegnato in tutte e tre le date con tre conferenze.

Venerdì alle 19.30 nella Fortezza Firmafede terrà la conferenza Che cos’è la vita? Può esistere una vita artificiale? Lo scienziato statunitense Craig Venter ha annunciato di recente di aver costruito una vita artificiale, cioè sintetica. Quello che ha fatto è mettere un DNA sintetizzato da zero, sulla base di una sequenza immagazzinata in un computer, in una forma molto elementare di batterio, e notare come questo cambiava in un essere mai esistito prima. Questa forma di vita è quindi nuova e senza precedenti, ma è vita artificiale? Per rispondere alla domanda occorre chiedersi che cosa è la vita nella sua essenza. Boncinelli propone una definizione di vita e delle sue componenti fondamentali: la materia, l’energia e l’informazione. Ciò che domina negli esseri viventi è l’informazione, cioè l’ordine e il controllo di quanto vi accade. In questa ottica, quella creata da Venter è davvero una vita artificiale.

Sabato 3 settembre sempre alle ore 19.30 Che cos’è la vita? La vita è comunicazione. Analizziamo da vicino un essere vivente: come tutte le cose del mondo è fatto di materia, di energia e di informazione. L’informazione, quella cosa che misuriamo tutti i giorni in bit e byte, ha un’importanza fondamentale per quanto riguarda gli esseri viventi, che non sarebbero tali infatti senza una gestione molto particolare dell’informazione in essi contenuta. Informazione che parte dal DNA del loro genoma e si trasmette alla cellula che lo ospita e da questa a tutte le altre cellule del corpo in un continuo scambio di informazioni e comunicazione. L’informazione contenuta nel DNA però non basterebbe, se non ce ne procurassimo sempre di nuova, mangiando e respirando. Qualcuno ha definito “informìvori” gli esseri viventi, intendendo che quello di cui veramente non possiamo fare a meno è proprio l’informazione e la sua comunicazione.

Chiuderà domenica 4 settembre alle 19.30 con la conferenza Che cos’è la vita? Vita ieri, oggi e domani.
La vita è probabilmente un unico grande evento che va avanti da quasi quattro miliardi di anni, assumendo le forme più diverse e articolandosi in un numero impressionante di eventi particolari, ovvero i diversi individui, vissuti e viventi. Questa è un’ affermazione non nuovissima, ma non facile da accettare nel suo pieno significato. In altre parole il DNA del genoma di un organismo che inizia la sua vita non sarebbe che un “riassunto delle puntate precedenti”, come dire di tutto ciò che è accaduto fino a quel momento. D’altra parte, è il possesso di un genoma che fa di un essere vivente proprio un essere vivente: i sassi e le nuvole non ce l’hanno. In questo vasto panorama, c’è posto per nuovi eventi, cioè per una nuova vita? Se si prendono le dovute precauzioni sì, anche se in condizioni molto particolari.

Per approfondire: A caccia di geni - Di Renzo Editore

giovedì, luglio 14, 2011

Che cos’è la vita? Può esistere una vita artificiale?

Lo scienziato statunitense Craig Venter ha annunciato di recente di aver costruito una vita artificiale, cioè sintetica. Quello che ha fatto è mettere un DNA sintetizzato da zero, sulla base di una sequenza immagazzinata in un computer, in una forma molto elementare di batterio, e notare come questo cambiava in un essere mai esistito prima. Questa forma di vita è quindi nuova e senza precedenti, ma è vita artificiale? Per rispondere alla domanda occorre chiedersi che cosa è la vita nella sua essenza.

Boncinelli propone una definizione di vita e delle sue componenti fondamentali: la materia, l’energia e l’informazione. Ciò che domina negli esseri viventi è l’informazione, cioè l’ordine e il controllo di quanto vi accade. In questa ottica, quella creata da Venter è davvero una vita artificiale.

Il 2 settembre alle ore 19.30 nella Fortezza Firmafede - Festival della Mente

Edoardo Boncinelli, fisico e genetista, ha diretto laboratori di biologia molecolare dello sviluppo e si è dedicato allo studio della genetica e della biologia molecolare degli animali superiori e dell’uomo. Insegna Fondamenti biologici della conoscenza presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Collabora a Le Scienze e al Corriere della Sera.

giovedì, maggio 26, 2011

RNA, storia di una rivoluzione scientifica

L’RNA è stato uno dei grandi protagonisti della ricerca biologica degli ultimi 50 anni. Il suo ruolo nella sintesi delle proteine era stato già intuito negli anni '40, e nel 1959 è stato assegnato il primo Premio Nobel per la scoperta di un enzima responsabile della sua sintesi in laboratorio. Da allora sono stati ben 30 gli scienziati che hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento per nuove continue scoperte sull'RNA: da Carl Woese, che ipotizzò il suo ruolo di catalizzatore a Renato Dulbecco che insieme ad altri scoprì che gli enzimi potevano copiare l'RNA nel DNA; da Fire e Mello che studiarono il ruolo dell'RNA nella regolazione dell'espressione genica a Kornberg che nello stesso anno scoprì la trascrizione dell'RNA.

Un Premio Nobel in questo campo, Sydney Altman, che ha contribuito alle ricerche dell'Rnasi P e delle proprietà enzimatiche dell'RNA, ha pubblicato di recente un interessante volume, La rivoluzione dell'RNA (Di Renzo Editore), in cui racconta le avventure scientifiche che hanno portato a queste scoperte. Con l'aiuto e i consigli di molti colleghi - i racconti sulla vita di laboratorio appassioneranno molti ricercatori in erba - Altman ha scoperto che la sola molecola di RNA era sufficiente per osservare attività catalitica e con il supporto del suo gruppo è riuscito ad arrivare al primo precursore radiochimicamente puro della molecola di RNA.

Con questa scoperta Altman ha rivoluzionato la conoscenza dei meccanismi biologici ed ha dimostrato che l'RNA non è solo un "magazzino di informazioni" ma ha conservato funzioni antiche al di là dell'evoluzione delle proteine.

Il volume è gradevole, non solo per la modestia con cui Altman racconta la propria carriera, dagli errori - vedi l'incidente con il fosforo radioattivo - all'incontro con le grandi menti dell'epoca (Leonard S. Lerman, John D. Smith, Fred Sanger, Sidney Brenner); dall'infanzia in una famiglia di emigrati all'arrivo al prestigioso MRC Laboratory of Molecular Biology di Cambridge.

Un libro da leggere tutto d'un fiato, come spesso accade per I Dialoghi di Di Renzo Editore, senza lasciarsi spaventare troppo da qualche pagina più tecnica, e da conservare con cura nella propria biblioteca.

Il chimico italiano N°2 2011

lunedì, febbraio 14, 2011

Un nuovo interruttore genico a RNA

La scoperta del meccanismi di funzionamento dei riboswitch, presenti soprattutto nei batteri, potrebbe avere ricadute applicative per la messa a punto di nuovi antibiotici. Un interruttore molecolare che attiva e disattiva i geni in risposta al fabbisogno energetico della cellula è stato identificato da ricercatori del Scripps Research Institute, che ne riferiscono in un articolo pubblicato on line in anteprima sulla rivista Nature Structural and Molecular Biology. Lo studio ha mostrato che i "riboswitch" a RNA di recente scoperta hanno un ruolo più complesso di quanto ritenuto.

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La rivoluzione dell'RNA - Sidney Altman - Di Renzo Editore

giovedì, ottobre 07, 2010

La rivoluzione dell'RNA

Le idee di Matt Meselson rivoluzionarono la direzione degli studi del DNA, e più tardi dell’RNA e dei complessi di proteine: queste grandi scoperte oscurano molti nuovi metodi oggi in uso. Meselson affermò che egli stava semplicemente seguendo ciò che gli era suggerito dal modello di Watson e Crick riguardo le ricerche su cui stava lavorando: come avviene la replicazione del DNA? Nelle molecole ricombinanti hanno luogo lo spezzettamento e la riunione? Quest’ultimo aspetto fu provato, ancora una volta, mediante la centrifugazione in gradiente di densità, pochi anni dopo la prima scoperta di Meselson e collaboratori.

Sidney Altman - La rivoluzione dell'RNA - Di Renzo Editore

martedì, settembre 22, 2009

Rivoluzione del DNA

Si è conclusa la tre-giorni "Il futuro della Scienza" che quest'anno si è dedicata alla Rivoluzione del DNA. La ricerca sviluppata sul DNA porterà a migliorare la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle malattie, non per allungare la vita umana, ma per cercare di vivere meglio, in salute fino alla fine della vita. Il sogno sarebbe quello di potersi controllare con un solo esame perché una malattia se precocemente diagnosticata oltre che curata può essere anche guarita.

Con lo studio delle genetica si sta cercando di prevenire per esempio l'obesità con la creazione del pomodoro viola ottenuto aggiungendo antociani che stanno portando anche buoni frutti per la cura di infiammazioni che sono alla base delle malattie croniche.

Questo per quanto riguarda la prevenzione. Per le cure a che punto siamo? "I tumori non sono le uniche malattie esistenti, il genoma ci ha spianato la strada ed ha aumentato la velocità per la ricerca su questa malattia". In realtà non si parla di una sola malattia ma di tante patologie che faranno penare gli scienziati, a confermarlo è il genetista Edoardo Boncinelli. Il DNA ha fatto fare notevoli balzi in avanti nella ricerca, ma purtroppo è ancora presto per gridare alla vittoria.

venerdì, agosto 21, 2009

Casualità, destino o genetica familiare?

Traumi familiari accadono ciclicamente all'interno delle famiglie, figli e figlie sono costretti loro malgrado a rivivere gli stessi traumi dei loro genitori o addirittura dei loro antenati. Tutto questo suona come incredibile eppure ci sono dei casi che fanno riflettere e di questi casi se ne occupa la professoressa Anne Ancelin Schützenberger. Stessi traumi, stesse date, stessi giorni. Casualità, destino o genetica familiare?
Nella vita di molti di noi esistono delle corrispondenze di fatti e di date inspiegabili. Forse coincidenze, ma scavando nel nostro passato e in quello della nostra famiglia, compariranno una serie di fatti curiosi che diventa difficile credere come semplice gioco del destino.
Esiste una memoria inconscia che si trasmette attraverso le generazioni e che crea paure, insicurezze, fragilità mentali e psichiche?
La professoressa Schützenberger con il suo libro “La sindrome degli antenati” arrivato alla quindicesima ristampa in Francia e Best Sellers in Italia, è un punto di riferimento per la psicologia trans generazionale, una disciplina che si propone di curare malattie fisiche e mentali andando a scavare nelle storie familiari.
La Schützenberger scoprì la sindrome da anniversario quando vide che molte famiglie vivevano gli stessi eventi sia negli stessi periodi dell’anno sia nelle stesse date e soprattutto negli stessi giorni. Esiste un’evidenza scientifica che mette in relazione i traumi familiari e le date in cui questi avvengono.
In alcuni casi la memoria inconscia si verificherebbe con fatti realmente accaduti che si ripeterebbero in date ricorrenti, infatti i portatori della sindrome degli antenati ne sarebbero del tutto inconsci.
Il campo in cui la scoperta della sindrome degli antenati si riscontra con maggiore frequenza è quello delle malattie. Perché certe patologie spesso incurabili, si replicano nelle famiglie con regolarità sbalorditive? Secondo alcuni studi, le cause vanno ricercate nella genetica e forse anche la nostra componente inconscia ha le sue responsabilità di importante rilievo.
Perché membri diversi della stessa famiglia, in epoche diverse si trovano a rivivere le stesse situazioni? Perché si verificano nello stesso periodo dell’anno e spesso negli stessi giorni?

Nessuno sa perché, ma tutti sanno che accade, deriva dalla comune osservazione. La Schützenberger ha una ipotesi, impegni e doveri non finiti, rimangono nella nostra memoria e solitamente è qualcosa che non possiamo accettare, come una morte prematura o qualcosa che sentiamo ingiusto o la teoria del “se”. Se avessi chiamato prima il dottore, se fossi andato prima all’ospedale o se avessi detto quella cosa o se avessi agito in quella determinata maniera. Tutti questi se continuano a girare nella testa e fino a quando non si chiudono le storie, questi avvenimenti si ripetono all’infinito. Alle volte, per capire i comportamenti patologici di bambini molto piccoli si cerca di farli disegnare o sottoporli a prove poco invasive mentalmente, ma quando questo non è possibile si cerca di intervistare i propri genitori e spesso i nonni, e dalla vita, dagli eventi traumatici di questi si può capire qualcosa di più su quello che sta accadendo al bambino.
E’ veramente quindi il passato a determinare le paure irrazionali, le insicurezze delle generazioni future? Una tesi affascinante difficilmente dimostrabile, ciò che si sa però è che una trasmissione esiste, ma non si sa come questa avvenga. E’ come se su di noi agissero i fantasmi dei nostri antenati che in qualche modo attraverso l’inconscio riescono a condizionare la vita degli eredi da trascinarne i traumi all’interno delle loro vite. Forse è proprio partendo da una particolare concezione di spazio e tempo che si può approfondire il mistero della trasmissione inconscia tra le generazioni di fatti, pensieri ed emozioni? Ci troviamo quindi davanti un nuovo metodo per capire come funziona la nostra memoria e il nostro inconscio.
Come fa un neonato a contenere informazioni, i fatti, gli eventi di una famiglia se non li ha mai vissuti? E’ forse il cordone ombelicale che consegna le informazioni dell’inconscio dalla madre al figlio? Quello che emerge dalle ricerche delle trasmissioni generazionali è un valore matematico e numerico del nostro inconscio. Come se tutti noi fossimo delle tavole rase dove è possibile incidere la memoria di altre persone, come se nascessimo con un programma mentale inconsapevole in grado di marchiarci al livello di DNA. Quindi oltre alle caratteristiche genetiche, il DNA trasferirebbe anche la base della nostra psiche.
Quali meccanismi collegano i misteri dell’irrazionale, l’inconscio e la fisica? Gli studi della relatività di Einstein, quelli sulla fisica quantistica, stanno dando degli input a queste ricerche e si può mostrare come eventi del passato, del presente e quelli ancora non avvenuti possono essere spiegati a livello matematico come universi paralleli.

lunedì, luglio 20, 2009

Gli esseri umani sono impossibili per le scimmie?

Gli scimpnzè condividono il 98,4 per cento DNA, ma le differenze tra noi e loro sono ancora profonde, come argomenta un nuovo testo. Circa 50 anni fa, è accaduto qualcosa che ha radicalmente cambiato le nostre idee su ciò che significava essere umani. Una giovane segretaria, avventuratasi nella giungla africana, fu testimone di un fatto straordinario: uno scimpanzè che si fabbricava uno strumento da un filo d’erba per pescare le termiti. Jane Goodall era stata inviata in Tanzania dal Dr Louis Leakey, che alla sensazionale notizia, fece un’altrettanto sensazionale dichiarazione: "Ora dobbiamo ridefinire il termine ‘strumento’, ridefinire il termine ‘uomo’ oppure accettare gli scimpanzè come umani.”
Durante gli anni Sessanta, l’allora Dr Goodall, in seguito fondatrice del Jane Goodall Institute, ha scoperto molte somiglianze tra noi e gli scimpanzè: sanno usare strumenti di pietra; hanno una cultura rudimentale; le madri insegnano ai figli; provano emozioni simili alle nostre, come paura, tristezza, felicità e piangono per i loro cari perduti.  Successivamente, la ricerca genetica ha iniziato a puntellare la sua teoria che “la linea di separazione tra esseri umani e non umani, un tempo ritenuta molto netta, è divenuta sottile.” Sono spuntati movimenti cone il Great Ape Project, fondato nel 1993 dal bioetico Peter Singer, che sosteneva che alle scimmie devono essere garantiti certi diritti di base. E con lo sviluppo della mappa del genoma, la differenza genetica osservata tra gli esseri umani e gli scimpanzè, i nostri antenati viventi più prossimi, ha continuato a ridursi: è emerso che solo l’1,6 percento dei nostri geni era differente.  Questa attività ha portato a due conclusioni basilari: che uomini e scimmie non sono così diversi dopo tutto, e che se il 98,4 percento dei nostri geni era condiviso dagli scimpanzè, il restante 1,6 percento dovrebbe spiegare perché il nostro sviluppo sia differito in maniera così drammatica da quello dei nostri cugini.
Eppure un nuovo libro, pubblicato la scorsa settimana, attacca queste suppozioni. "Poichè siamo virtualmente identici dal punto di visto genetico, i primatologi sostengono che in senso logico gli scimpanzè siano molto vicini a noi dal punto di vista cognitivo," dice Jeremy Taylor, autore di Not a Chimp: The Hunt to Find the Genes that Make Us Human. "M’infurio all’idea di come quest’idea serpeggi nella cultura popolare." Taylor è particolarmente pungente sull’argomento dei diritti dei primati. "Non capisco perchè la conservazione delle grandi scimmie sia divenuto sinonimo di diritti umani e della loro somiglianza a noi, laddove la conservazione di milioni di altre specie non comporta questa fusione," dice. In questo gli fa eco il cronista Steve Jones, che sostiene che sia un errore applicare un concetto umano, come i diritti, a un animale: "Gli scimpanzè condividono il 98 percento del nostro DNA, ma le banane ne condividono il 50 percento, e noi non siamo per il 98 percento scimpanzè e per il 50 percento banane. Noi siamo completamente umani e unici."
Il lavoro della Goodall è stato seguito da un fiume di studi che dimostrano come le capacità mentali degli scimpanzè sembrino vicine alle nostre. Si ritiene che possano mostrare consapevolezza, come dimostrato da un test ormai divenuto un classico. I ricercatori mettono un macchia di colore sul muso dello scimpanzè senza che l’animale se ne accorga o sia in grado di vedere la macchia e poi gli danno uno specchio. I macachi e le altre scimmie reagiscono con aggressività alla loro immagine riflessa, come se vedessero un’altra creatura, mentre gli scimpanzè si siedono con calma e si strofinano via il colore.
Trentuno anni fa, due scienziati, David Premack e Guy Woodruff, hanno pubblicato un articolo da un seminario in cui si chiedevano se gli scimpanzè avessero quella che definivano la "Teoria della Mente": la capacità di comprendere che un altro essere umano ha pensieri e credenze, desideri e sentimenti. Poiché noi possediamo questa capacità, noi pensiamo che altre persone stiano pensando: non trattiamo i nostri simili come se fossero oggetti o automi che seguono una serie di regole.  La maggioranza degli scienziati che operano in questo campo sosterrebbe che gli scimpanzè non hanno la stessa capacità degli esseri umani di pensare come pensano gli altri, ma che, tuttavia, gli scimpanzè hanno comunque la stessa comprensione degli stati mentali. “è tempo che gli uomini la smettano di pensare che i loro parenti più prossimi reagiscono solo al comportamento,” dice il Dr. Josep Call, del Max Planck Institute per l’antropologia evolutiva a Lipsia, in Germania, che studia gli scimpanzè da molti anni. "Tutte le prove suggericono che comprendono sia gli scopi che le intenzioni degli altri nonchè la loro percezione e conoscenza."
Eppure ci sono degli scettici, primo tra tutti il Prof Daniel Povinelli dell’Università della Louisiana. In uno dei suoi esperimenti, gli scimpanzè venivano spinti a elemosinare cibo da uno tra due ricercatori. Uno indossava un secchio in testa, che gli impediva di vedere gli scimpanzè, l’altro invece no. Gli scimpanzè imploravano indistintamente l’uno o l’altro, il che indica che non erano in grado di capire quale dei due ricercatori potesse vederli. Sono stati questi problemi che hanno spinto Taylor a rivolgersi alla genetica per comprendere le differenze mentali e genetiche tra noi e gli scimpanzè. Per il suo nuovo libro, il produttore televisivo ha pescato tra gli studi più recenti e ha scoperto che queste differenze possono essere molto più grandi di quanto si ritenesse prima. Negli ultimi 5 anni, fa notare, la nostra comprensione della genetica è divenuta molto più sofisticata. Se è vero che può esserci una differenza di 1,6 percento nel genoma stesso, il modo in cui plasma le nostre menti e il nostro corpo è diverso. "L’elemento chiave, secondo me," dice Taylor, "è che quando si comparano gli scimpanzè e le grandi scimmie con gli esseri umani, si nota quanto maggiore espressione genetica ci sa negli esseri umani."
L’espressione genetica si ha quando alcuni geni soffocano o accelerano i processi chimici. Un team del Max Planck Institute ha dimostrato che nel cervello umano, il tasso dell’espressione genetica è di cinque volte maggiore. Un’altra ricerca ha dimostrato che il 90 percento dei geni del cervello umano sono “regolati verso l’alto” – ovvero, che hanno livelli maggiori di espressione genetica. Gran parte di questi geni sono associati con la velocità di trasmissione di impulsi nervosi o di produzione di energia per alimentare il cervello. Come dice Taylor, “Più grande, più veloce, più avido, più longevo – questa è la storia evolutiva del cervello umano.”
Un’altra differenza genetica tra noi e le scimmie è “la variazione nel numero di copie”. Questo avviene quando un gene viene copiato, inserito in un'altra parte del genoma eppure continua a lavorare. Per esempio, GLUD2 è un gene che governa un enzima coinvolto nella segnalazione nervosa al cervello. È comune a tutte le grandi scimmie, inclusi gli esseri umani – ma con noi, il gene è stato copiato, il che fa in modo che l’enzima lavori più velocemente. La risultante intensità neurologica, dice Taylor "è come scambiare un fucile a carica manuale con una mitragliatrice".
Insieme ad altre innovazioni genetiche, come le inversioni, in cui interi cromosomi vengono girati, e la combinazione di geni (in cui un gene controlla fino a 50 proteine), il golfo tra il cervello umano e quello dello scimpanzè comincia ad amplairsi drammaticamente. “Se sommi il tutto,” dice Taylor, "la somiglianza genetica tra uomini e scimpanzè scende all’87 percento.” Le differenze tra noi e gli scimpanzè sono concentrate nel nostro cervello, nel nostro sistema immunitario e nel nostro metabolismo, suggerendo un livello di unicità che ci distingue dalle altre creature. Eppure qualcuno non concorda. Il Prof. Frans de Waal, un primatologo della Emory University di Atlanta, ha scritto moltissimi libri, tra i quali, Our Inner Ape, in cui sostiene la continuità tra noi e le scimmie.
"La teoria evolutiva ci mostra che c’è una continuità tra tutte le forme di vita, inclusi gli esseri umani e gli altri animali," dice il Prof. de Waal. "Darwin è stato molto chiaro su questo e la moderna neuroscienza deve ancora trovare una qualunque area del cervello umano che non sia presente in quello degli scimpanzè. Se c’è un salto qualitativo tra le capacità mentali delle scimmie e degli esseri umani, la sfida di Taylor sarà di spiegare come noi ci siamo arrivati senza alcun cambiamento essenziale del cervello ad eccezione della dimensione.
"Certamente la tendenza degli ultimi decenni è stata il contrario: chi ha scommesso sulle somiglianze tra l’uomo e gli altri animali è stato confermato da prove continue. La pretesa dell’unicità umana è stata una battaglia persa."
Taylor concorda che gli scimpanzè "mostrano abilità fondamentalmente umane – per un certo grado hanno la capacità di fare matematica, di pensare in maniera astratta, di dimostrare altruismo, di fabbricare strumenti e di imitarsi a vicenda. Non c’è nulla che gli esseri umani sappiano fare che le scimmie non possano fare, anche se a livello più semplice."
Tuttavia, aggiunge, "stiamo parlando delle differenza tra usare un rametto come strumento e usare internet. Sono gli esseri umani ad avere la parola e il linguaggio, ad avere la cultura, l’arte, la musica, la scienza e la tecnologia. Sono gli umani che ricordano il passato e pianificano il futuro, che temono la morte e pagano le tasse. "A volte, in tutto queste discussioni scientifiche di somiglianza genetica e cognitiva, perdiamo di vista i fatti più importanti. "
Articolo originale tratto da Telegraph.co.uk

martedì, giugno 23, 2009

A caccia degli antenati


La definizione dei rapporti di parentela genetica fra specie richiede l'analisi di una quantità enorme di dati. Un nuovo sistema informatico riesce a farlo in tempi brevissimi.

Nel corso degli ultimi due decenni la costruzione di alberi filogenetici, un tempo basati solamente sull'analisi delle strutture morfologiche, ha subito un profondo processo di revisione e accelerazione grazie al ricorso alle analisi del DNA. Tuttavia, questo processo di revisione ha riguardato solamente una piccolissima parte degli 1,5 milioni di specie descritte. Ciò perché la definizione di questi rapporti richiede la considerazione e il confronto di una quantità enorme di dati relativi alle sequenze del DNA e delle proteine.
Fonte: Le Scienze

giovedì, novembre 06, 2008

Stop al razzismo

Se l’Italia torna a mostrare il suo volto razzista, la scienza ha ormai escluso la possibilità di divedere l’umanità in razze: gli studi nel campo della genetica di popolazione hanno contribuito a togliere ogni fondamento scientifico al razzismo. Sedna ne discute con il genetista Luca Cavalli Sforza, il primo a dimostrare che le razze non esistono, autore di molti saggi tra cui Il caso e la necessità. Ragioni e limiti della diversità genetica (Di Renzo editore 2007).

L’intervista è andata in onda su Radio Fragola di Trieste.


Razzismo e genetica, la scienza ha escluso la possibilità di dividere l’umanità in razze, e proprio Cavalli Sforza con i suoi studi nel campo della genetica, ha contribuito a togliere ogni fondamento scientifico alle tesi razziste. Qual è la soluzione però per sfatare i luoghi comuni, falsi miti e i pregiudizi che ancora rafforzano il razzismo?


Secondo Luca Cavalli Sforza, bisogna approfondire la ricerca per far capire che le razze non esistono, esistono invece le difficoltà nel comprendersi perché ci sono almeno seimila lingue al mondo e questo comporterebbe al non capirsi e a respingere ciò che non si capisce.


Le differenze tra popolazioni sono solo genetiche, come il colore della pelle o tollerare più o meno il latte e questo lo si può notare anche in Italia tra abitanti del nord e abitanti del sud, ma quello che ci colpisce di più è l’aspetto estetico e in Europa si è sviluppato una specie di disprezzo per il colore diverso della pelle. Ad amplificare questa paura o disprezzo per le popolazioni nere, c’è anche il fatto del loro tardivo sviluppo causato da vari eventi. Questo permette a qualche sprovveduto di pensare ancora come essere appartenente ad una razza superiore, senza invece aver approfondito le ricerche.

Le differenze genetiche però, non permettono comunque una integrazione tra persone diverse. Le razze non esistono ed è la psicologia a individuare le diversità, per la genetica il colore della pelle è solamente un segno di un clima profondamente diverso dal nostro.


Ma dopo tutto, che cos’è che alimenta ancora il razzismo nei giovani? Alla domanda lo scienziato italiano risponde con molta semplicità e chiarezza. La trasmissione culturale, la trasmissione delle conoscenze. Cioè quello che si impara in famiglia, al mantenimento delle tradizioni ma anche dei pregiudizi.

martedì, novembre 04, 2008

La vita non è più un mistero

Il 28 ottobre c'è stata l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Vita Salute San Raffaele di Milano e ad innaugurarla una lectio magistralis del professor Luca Cavalli Sforza. Lo scienziato italiano ha esordito affermando che la vita “non è più un mistero” e questo perchè sappiamo che cos'è il DNA, sappiamo che una molecola è in grado di replicare se stessa. E sappiamo anche che la vita si evolve anche con errori di copiatura e con gli errori l'evoluzione si mette in moto e l'evoluzione non è nient'altro che il progressivo adattamento degli organismi mutanti e mutati all'ambiente circostante. Questo è il pensiero di Luca Cavalli Sforza che viene condiviso anche dal professor Edoardo Boncinelli

lunedì, ottobre 27, 2008

Progetto Genoma Italia

Nel 2009 potrebbero essere resi disponibili i primi risultati del Progetto Genoma Italia, la mappatura del Dna degli italiani attualmente in corso con la collaborazione dell'AVIS e della societa' Biogenomic Technology Italia (BGT) di Porto Torres. Questi risultati preliminari, per ora sul Dna di mille individui, inizieranno a svelare molti segreti su origine e malattie della popolazione italiana. A dare l'annuncio, nel corso del congresso della Societa' italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia, e' stato Luca Cavalli Sforza, genetista emerito della Stanford University in California.
Finanziato dal Ministero dell'Universita' e ricerca scientifica, il progetto prevede di coinvolgere dai 6 ai 10 mila donatori di sangue dell'Avis in tutta Italia per giungere, partendo dal Dna di individui i cui cognomi sono maggiormente ricorrenti fra gli abitanti di ogni provincia, ad una mappatura del genoma degli italiani.
Nell'ambito del progetto finora sono gia' stati stati raccolti campioni di sangue di mille individui di diverse Avis territoriali ma si conta di raccoglierne molti altri: la scelta, ha ricordato Cavalli Sforza, deve ricadere su abitanti indigeni di ogni provincia, italiani 'doc', insoma, che saranno scovati tra paesini e villaggi di montagna dove moltissimi abitanti hanno in comune il cognome.
Infatti c'e' una relazione precisa fra cognome, affinita' e diversita' genetiche.
Cominciato diversi anni fa da Bergamo, il progetto prevede lo studio, ha ricordato lo scienziato, di una parte significativa del Dna degli italiani per ottenere informazioni sulle nostre origini ed anche sulle nostre malattie.

giovedì, ottobre 09, 2008

E' morto George Emil Palade

E' morto il biologo naturalizzato americano George Emil Palade che nel 1974 ottenne il premio Nobel per lo studio biochimico dei mitocondri, cloroplasti ed apparato di Golgi isolati dal resto degli altri organuli sub-cellulari. Il suo lavoro mise in evidenza le particelle all'interno del citoplasma nel RNA, il livello in cui si realizza la biosintesi delle proteine, chiamati ribosomi o granuli di Palade ed, in particolare, contribuì a spiegare il meccanismo cellulare nella produzione di proteine.
Cittadino rumeno naturalizzato statunitense dal 1952, George Emil Palade nel 1961 fu eletto membro della National Academy of Science. Assieme a Keith Porter, diresse a lungo la rivista «The Journal of Cell Biology», la più importante pubblicazione scientifica di biologia cellulare. Nel 1973 lasciò l'Istituto Rockefeller, trasferendosi alla Yale University, mentre dal 1990 lavorava all'Università di San Diego in California. Nel 1986 l'allora presidente americano Ronald Reagan gli accordò la Medaglia Nazionale per gli alti meriti nel campo della scienza.

venerdì, luglio 18, 2008

Misteri della genetica

Sono uscite lo stesso giorno due notizie sulla genetica che lasciano al quanto sorpresi. La prima notizia è che degli studiosi dell'università del Nord Carolina hanno scoperto nel DNA dei topi, almeno 23 geni che insieme rendono conto dell'84% delle differenze individuali nei comportamenti in quanto all'attività fisica svolta. L'altra scoperta di Amita Sehgal dell'istituto Howard Hughes Medical di Philadelphia riguarda il moscerino della frutta. Secondo gli esperti questo gene potrebbe evere un ruolo fondamentale nel controllo del bisogno di dormire.