lunedì, settembre 19, 2011

L'illusione dei sogni


Intervista ad Allan Hobson, l'anti - Freud

Sogni romantici, incubi spaventosi. Comunque misterioso frutto dell'inconscio, quell'incontrollata parte di noi che fuoriesce la notte e racconta, finalmente libera dalla censura della coscienza, la parte profonda del nostro io: paure, desideri irrealizzati o repressi, ansie e speranze. Sogni da leggere fra le righe. Come hanno fatto Freud, padre della psicoanalisi, che all'attività onirica ha dedicato il suo ponderoso Traumdeutung, e prima di lui i sacerdoti di Apollo dei Templi di Esculapio, nella Grecia antica, o nel II secolo dopo Cristo Artemidoro di Daldi, il primo a mettere per iscritto uri Interpretazione dei sogni. Ora cancelliamo tutte queste teorie. «Sì, gettatele nella toilette e tirate lo sciacquone».
Ride, Allan J. Hobson, classe 1933, professore emerito di psichiatria alla Harvard Medicai School, intimamente soddisfatto dello stupore che le sue parole provocano alle lectio magistralis che tiene così come sui volti dei giornalisti che lo intervistano. Geniale studioso dei processi neuro-cerebrali, nel 1994 con il suo saggio La fabbrica dei sogni ha smontato consolidate teorie psicoanalitiche per spiegare che il sogno è niente più che un epifenomeno: prende forma quando segnali energetici casuali raggiungono la corteccia cerebrale del sonno. E non c'è dietro nulla di misterioso, "solo" il nostro Dna. Suona banale, ma gli son serviti anni (e molte notti) di studio in laboratorio su topi e umani per formulare le sue teorie. Il resto, dice, «è mistificazione».

In che senso, professor Hobson?

«Il mondo dei sogni, in passato, è stato approcciato in modo mistico. Veniva spiegato come un qualcosa che è creato dall'inconscio e cerca di invadere la mente nel sonno. Uso il termine mistificazione per definire una sona di tradizione profetica ma anche l'idea che i sogni siano interpretabili in forma letteraria. Come la Bibbia o un qualsiasi altro libro. Ciò è falso».

Le interpretazioni psicoanalitiche dei sogni son da buttare?

«Penso che la psicoanalisi di Freud sia quasi al 100 per cento sbagliata, un fallimento. Il sogno non nasce da desideri infantili repressi, come sosteneva lui. Non c'è alcuna prova scientifica di questo. Freud è il passato, ormai siamo migliaia di chilometri oltre il suo pensiero».

Lei sostiene che il sogno è uno stato precosciente della mente. Cosa significa?

«Il sonno Rem è sicuramente uno stato precosciente, una preparazione della mente all'esperienza cosciente. E ciò contrasta con le teorie di Freud, secondo cui il sogno invece interferisce con la coscienza.  Io, al contrario, sostengo che il sogno, forme di sonno, è necessario al successivo stato di veglia, è come una sorta di allenamento: non avremmo alcuna forma di vita cosciente se non avessimo il sonno Rem, e se non avessimo il sonno Rem non avremmo i sogni così come li conosciamo oggi».

In che modo è necessario alla coscienza?

«Lo stato di proto-coscienza, che è dichiaratamente riflesso nei sogni, è un modello di realtà virtuale del mondo. Non è  un processo difensivo, come sosteneva Freud. È una macchina di realtà virtuale».

Spieghi meglio…

«In ogni individuo c’è un proto-self (o proto-sé). Un alias che esiste ben prima della nascita. Esiste già in utero ed è scritto nel proprio Dna. Esiste e si muove in un protospazio, quello spazio virtuale in cui ognuno di noi si muove nei propri sogni. Credi di essere sveglio e di muoverti in uno spazio reale. Non è così. Era forse naturale dedurre che questo mondo virtuale dipendesse da ciò che uno vive e sperimenta da sveglio. Io, però, ribalto i termini del problema: non è il sogno a dipendere dal vissuto, è il risveglio che impara da questo spazio virtuale. Esattamente l'opposto di quanto sosteneva Freud. D'altra parte com'è possibile parlare di sogni influenzati dai desideri infantili repressi, come faceva Freud, se il proto-self esiste prima dell'infanzia?».

L'esperienza non conta nulla?

«Ovviamente influisce. Ma buona parte dei sogni sorge spontaneamente. Un processo che avviene già in utero. Nel primo trimestre di gestazione, il cervello è quasi interamente immerso nel sonno Rem: sta costruendo un modello del mondo». 

Quali sono le differenze fra sogno e stato di veglia?

«Quando sogniamo pensiamo di essere svegli e non lo siamo. E nel sonno la realtà è totalmente interiore, non c'è una realtà esterna con cui confrontarsi. Nonostante questo, il cervello è in attività, perché non è semplicemente una macchina che fotografa il mondo esterno né un computer. Perfino nella fase più profonda del sonno mantiene almeno il 50% dell'attività della veglia e durante le fasi Rem quasi tutto il cervello è in piena attività».

Da dove provengono gli stimoli che permettono al cervello di creare il sogno, questo modello virtuale di realtà?

«È la genetica. Gran parte di ciò che facciamo e di ciò che siamo è genetico. La cruda verità della moderna biologia a molti non piace: amano pensare che ci sia qualche Dio che controlla le nostre esistenze o che noi stessi in qualche modo controlliamo la realtà... Eppure nel nostro cervello ci sono centinaia di miliardi di neuroni, ciascuno dei quali è equipaggiato con un sacco di Dna e di Rna. E ci sono un sacco di costruzioni possibili. 

Nessuno si chiede perché un bambino nasce con due braccia. Non è certo frutto del suo volere. Bene, io sostengo che è ugualmente ridicolo pensare che il sogno sia qualcosa che un individuo vuole. Il sogno, semplicemente, avviene. E avviene perché il cervello è costruito in un modo tale che può attivarsi e creare un "sé virtuale" e delle emozioni che non derivano dalle esperienze del mondo reale ma sono innate. Ansia, tristezza, gioia sono intrinseche al nostro Dna, sono emozioni universali che si collegano alle esperienze della veglia, ma non sono determinate da esse».

Ma i sogni sono pur sempre una finestra sull'uomo, o no?

«Parlano di me, ma anche di te e di tutti gli altri individui. Abbiamo fatto un esperimento trascrivendo dieci sogni diversi di dieci persone diverse e sottoponendoli poi, mischiati, al vaglio di un panel di giudici. Non sono stati in grado di stabilire quali sogni appartenevano a una persona e quali a un'altra. Pensi che il tuo sogno sia personale, unico. Ma è un'illusione». 

Di nuovo, il vissuto allora non conta nulla?

«L'esperienza è importante. Ciascuno di noi è nato in una specifica nicchia ecologica. Tu sei italiana, io americano: il nostro gusto per il caffè è diverso. Ma sono aspetti marginali. Io guardo agli universali. È stato un grosso errore della psicologia dare importanza solo agli aspetti individualistici, probabilmente dovuto, almeno qui in America, a una certa visione politica. Invece, più osservi gli individui più ti accorgi di quanto essi siano simili l'uno con l'altro». 

Ribalta molte teorie, psicoanalitiche ma anche filosofiche...

«Immanuel Kant ( teorico dello spazio e del tempo come forme "pure" a priori dell'intuizione, universali e trascendentali, ndr) aveva ragione. John Locke (padre dell'empirismo moderno, negava l'esistenza di idee innate, ndr) aveva torto. Kant credeva nei principi innati, assoluti. Locke pensava che nascessimo come fogli bianchi dove poi andavano scritte tutte le nostre esperienze empiriche. Io, insomma, penso che l'individualismo sia un'illusione, che la psicoanalisi e la religione possano essere un'illusione. Sognare è sicuramente un'illusione».


Sara Gandolfi per Sette del Corriere della Sera


Per approfondire: 



Sognare - 

J. Allan Hobson - 

Una nuova visione mente-cervello - Di Renzo Editore

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