lunedì, dicembre 27, 2010

Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio?

di PierLuigi Albini

Carlo Rovelli è un nome noto nell’ambito dei fisici, ma anche degli appassionati di scienze, per essere il più illustre rappresentante nonché l’autore, insieme a Lee Smolin, dell’unica alternativa credibile alla nota teoria delle stringhe. Si tratta dell’ipotesi della gravità quantistica nella sua versione cosiddetta a loop, che da anni cerca di riconciliare la relatività generale con la meccanica quantistica. Dall’incompatibilità di quelle due diverse visioni del mondo, osserva Rovelli, discende che “non sappiamo più bene cosa siano lo spazio, il tempo e la materia”.

È proprio dalla scoperta, negli anni dell’Università, dell’esistenza di queste contraddizioni nelle concezioni della realtà che nasce la sua decisione di occuparsi del problema. In questo agile testo, l’autore ricostruisce il suo percorso di ricerca e presenta nello stesso tempo al lettore, in modo chiaro, gli elementi di conoscenza dello stato della fisica fondamentale e del perché la frammentaria spiegazione di cosa è in ultima analisi il mondo non regge più. La gravità a loop dà una spiegazione granulare dell’Universo, in cui lo spazio è formato da anelli chiusi le cui relazioni costituiscono ciò che appunto noi chiamiamo spazio. Per quanto riguarda il tempo, fondamentalmente ne nega l’esistenza, quando dal livello macroscopico si passa al molto piccolo: il mondo, nell’ultrapiccolo non “cambia con il tempo, ma in qualche altro modo”.

La teoria della gravità quantistica a loop, piuttosto precisa dal punto di vista matematico e in grado di fornire predizioni, non è stata ancora verificata sperimentalmente (come del resto quella rivale delle stringhe); la sua validazione offrirebbe spiegazioni a campi diversi della fisica e aprirebbe alla mente umana una nuova concezione dell’Universo. Peraltro, il concetto di struttura a loop si sta facendo strada anche in altri campi, come quelli dell’analisi della complessità e dell’autorganizzazione iniziale della vita.

Come accade troppo spesso in Italia, il giovane Rovelli, dopo aver ottenuto una borsa di studio annuale dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), non ebbe più alcuna possibilità di impiego né all’Università né altrove. Per fortuna, una telefonata transoceanica lo chiamò all’Università di Pittsburgh, dove lavorava un qualificato gruppo di ricerca impegnato sulla relatività generale. Ma a Pittsbugh, Rovelli scoprì anche la possibilità di discutere in modo interdisciplinare, nell’importante Centro di studi di filosofia della scienza, i problemi dello spazio e del tempo. In seguito, fu chiamato all’Universitè du Méditérranée di Marsiglia, dove tuttora lavora.

La sua storia professionale è uno dei tanti esempi di “fuga dei cervelli”, che non consiste solo nella perdita di punte di eccellenza, come nel caso di Rovelli e altri, ma nell’emigrazione di migliaia di giovani promesse scientifiche normali, che rappresentano la base di qualsiasi possibilità di sviluppo scientifico. Non sono solo le punte di eccellenza, infatti, a fornire una radiografia dello stato di salute scientifica di un paese. Come osserva l’autore, l’Italia rischia di scivolare nella marginalità, per il continuo impoverimento culturale scientifico. Povero Paese, prima massacrato dall’idealismo crociano e dal vetero-umanesimo e poi da un modello di sviluppo e da una prevalente mentalità dei gruppi dirigenti dalla vista corta e dalla mentalità ottusa. Infine, un plauso all’editore Di Renzo, che è da ammirare per la tenacia e l’amore con cui pubblica da anni testi di divulgazione scientifica di alto livello e di ottima leggibilità.

Nessun commento: