giovedì, dicembre 23, 2010

Marconi, la vita di un genio tra scienza, tecnologia e mercato.. e un modello da indicare ai giovani

Tre domande a Francesco Paresce.

Sono passati più di cento anni da quando mio nonno, allora appena ventisettenne, realizzò un’incredibile impresa tecnologica, e un notevole colpo pubblicitario, inviando e ricevendo, per la prima volta, un messaggio attraverso l’oceano, senza fili. Era allora l’azionista di maggioranza e il direttore scientifico di una società ben collocata e finanziariamente solida, la Marconi Wireless Telegraph Co., con un impianto industriale in Inghilterra, a Chelmsford. Era anche il proprietario di due importantissimi brevetti, in Inghilterra, relativi a un sistema di comunicazione senza fili, il che equivaleva a essere il padrone, di fatto, di un monopolio sulle comunicazioni senza fili in tutto l’impero britannico. Era inoltre oggetto di attenzione e stima da parte dell’opinione pubblica mondiale. Non male, per un giovane bolognese senza titoli di studio, con limitata conoscenza della fisica delle onde elettromagnetiche, che aveva impiegato una tecnologia che agli scienziati sarebbe sembrata artigianale e rudimentale, prestata, per lo più, da altri che lavoravano nel settore.

Allora, come arrivò Marconi a quell’incredibile, stupefacente successo? Quali furono gli elementi cruciali nello sviluppo di questa invenzione, realizzata in pochi anni, e quale il contesto dal quale si sviluppò? Che cosa spinse Marconi a sfidare il mondo rispetto a quello che sembrava un sogno impossibile? Fu, Marconi, uno di quei geni apparsi al posto giusto e al momento giusto con una ferrea ma donchisciottesca visione? Era forse nato con poteri soprannaturali, il mago delle onde o il mago dell’etere, come divenne noto nella sua nativa Italia? E,domanda ancora più importante: vi è una lezione che dovremmo trarre dal suo esempio che potrebbe essere utile per imprese tecnologiche equivalenti, nel nostro XXI secolo?

In realta’, recenti indagini mostrano come la sua storia personale, sebbene certamente particolare sotto molti aspetti, seguì una strada abbastanza prevedibile, laddove i suoi successi e insuccessi possono essere facilmente attribuiti a cause specifiche imputabili alla sua istruzione e al processo fondamentale dello sfruttamento commerciale dell’invenzione stessa. Importante,inoltre, e’ stato il ruolo assai complesso che Marconi giocò in quella regione di transizione tra la scienza, la tecnologia e il mercato, regione in cui anche oggi stesso si trovano e si dibattono moltissimi imprenditori bolognesi. Ci sono alcuni elementi significativi che caratterizzarono i suoi primi esperimenti a Pontecchio. Il primo è che egli riuscì a sviluppare senza interruzioni ai comuni obblighi scolastici e sociali degli altri ragazzi, come lezioni, esami, riunioni, e così via una destrezza manuale e notevoli capacità di sperimentazione e pratica di laboratorio che furono cruciali per i futuri esperimenti.

Questo comprende certamente una buona dose di tenace perseveranza anche di fronte alle avversità e, sopratutto una solida resistenza alle frustrazioni. Un altro elemento fondamentale, già ben chiaro nella sua mente sin dal suo primo approccio all’argomento, era il concetto della necessità di proteggere adeguatamente le proprie idee mediante i brevetti. Egli avvertì fortemente la necessità di sfruttare commercialmente in maniera efficace “ogni tipo di invenzione e scoperta” su cui aveva lavorato dall’età di quindici anni. Questo illustra quanto Guglielmo fosse stato influenzato dalla mentalità di suo padre bolognese, un uomo pratico, con i piedi per terra, caratteristica che gli tornerà utile più tardi, quando dovrà affrontare il duro compito di trasformare la sua invenzione in una impresa commerciale di successo. Questa trasformazione l’affronto’ in Inghilterra dove si reco’ ben presto dopo i primi esperimenti a Pontecchio dovendo convincere un ambiente inglese ben piu’ agguerrito di possedere l’asso nella manica in una situazione difficile, se non addirittura impossibile.

Io credo, semplicemente, perché era l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto. Era l’uomo giusto perché possedeva la combinazione ideale di caratteristiche personali per l’impresa: tenacia, coraggio, capacità tecnica, carisma e predisposizione alle relazioni pubbliche. Aveva quella comprensione sufficiente delle basi scientifiche necessarie per convincere gli scettici di non essere un inesperto, ma non così approfondita da venire intimidito dalla anticipazione dei molti ostacoli da superare. Era dotato di un approccio pratico, teso all’obiettivo della commercializzazione della propria invenzione, obiettivo portato avanti con incrollabile determinazione. In ultimo, in ordine di elencazione, ma non di importanza, possedeva una gran bella dose di coraggio. Nessun altro riunì in una sola persona una così speciale combinazione di caratteristiche.

E’ istruttivo riflettere su un altro episodio importante della sua vita e cioe’ quando gli divenne sempre più chiaro che costruire stazioni trasmittenti sempre più grandi e potenti non avrebbe prodotto quei miglioramenti fondamentali che egli si sarebbe aspettato. Iniziava dunque a diminuire il ritorno dei suoi investimenti, contemporaneamente a una specie di saturazione della capacità di aumentare la distanza di trasmissione, qualunque fosse la potenza che egli applicasse ai trasmettitori. Ora, questa certezza veniva lentamente ma definitivamente messa in crisi, sebbene allora sembrasse plausibile aspettarsi che onde lunghe, sempre più lunghe, si sarebbero incurvate più facilmente intorno a ostacoli, in un certo modo, anche se poco chiaro. Marconi era dunque arrivato a un’altra fase critica della sua vita quando, di fronte a un problema apparentemente insolubile, avrebbe dovuto trovare una soluzione rapida e praticabile, o affrontare il crollo del suo sogno di far arrivare le onde radio intorno al globo con il suo sistema di comunicazione senza fili efficiente ed economico, capace di fare concorrenza al cavo.

Ma come avrebbe potuto ottenere ciò, con un sistema che riusciva, per il momento, soltanto a coprire in modo stabile e sicuro la piccola distanza di poche migliaia di miglia, e solo di notte?

Un indizio utile e cruciale per una possibile soluzione gli veniva dal fatto che i radioamatori che operavano in bande di lunghezza d’onda più corte, sotto i 100 metri, ottenevano maggiori risultati di quanto non ci si sarebbe aspettato sulla base delle allora limitate conoscenze in merito alla propagazione delle onde radio.

Stranamente, Marconi non agì sulla base di questi indizi fino al 1923, ma quando lo fece agì nel suo stile caratteristico: rischiando il tutto per tutto abbandonando di colpo e senza rammarichi le onde lunghe e tutti gli apparati ivi connessi e affidando tutto il futuro suo e della sua compagnia alle onde corte. Sebbene afflitto da problemi di salute e gravi questioni personali, Marconi continuò tenacemente i suoi esperimenti fino alla morte. In questi anni, non vi furono grandi scoperte scientifiche o tecnologiche, tranne la sua scoperta casuale in merito all’effetto che gli oggetti metallici, nel fascio dell’antenna trasmettitrice, avevano sul ricevitore. In questo contesto, egli riuscì con successo a guidare in porto la sua nave da ricerca con un faro radio. Purtroppo, però, altri impegni e le sue cattive condizioni di salute, non gli permisero di dedicarsi ulteriormente a questi progetti. Il regime fascista, al potere in Italia, lo adottò come simbolo e come il più illustre dei suoi esponenti. Nacque così il culto della personalità che circondò Marconi in Italia, negli ultimi dieci anni della sua vita, un culto che, per molti versi, nel bene e nel male, vive ancora oggi. Non è chiaro quanto egli apprezzasse l’attenzione e l’adulazione di cui era oggetto, perché manteneva sempre un giudizio molto oggettivo su di sé. Per esempio, disse un giorno a mia madre: “Li senti parlare di genio, Degna? Non esiste il genio. Esiste, se vuoi chiamarlo così, il dono di saper portare avanti un impegno costante. E questo è tutto, io l’ho provato”. L’abbraccio fascista e romano rappresento’ pero’ per lui il problema piu’ significativo in questo periodo con la mancanza progressiva e definitiva del supporto tecnico e finanziario della sua compagnia in Inghilterra visto che le relazioni tra i due paesi si avviavano sempre piu’ a condizioni di estrema ostilita’. Questa frustrazione dovette pesare molto negativamente e sensibilmente sulle sue condizioni fisiche e psicologiche.

Quali insegnamenti trarre dal “caso Marconi”? Vi è un modo per assicurare che vi siano altri Marconi in questo secolo? E, se sì, come?

Ecco alcune mie considerazioni fondamentali. È ovvio che un’istruzione e metodi di insegnamento rigidi,antiquati e fossilizzati, sono incompatibili con lo sviluppo di personalità paragonabili alla sua. Al contrario, ben lungi dall’essere repressi, i giovani con un talento analogo a quello di Marconi dovrebbero essere incoraggiati, aiutati a sviluppare flessibilità e individualismo, sorretti soprattutto nell’apprendimento delle materie scientifiche. E ovviamente, benché sembri una banalità, occorrono degli ottimi insegnanti di scienze che, sappiano comunicare entusiasmo e il piacere della sfida. È senza dubbio fondamentale il sostegno, intellettuale e materiale, delle famiglie verso i loro ragazzi. È inoltre cruciale il ruolo della divulgazione scientifica, perché riviste, libri e materiale specifico e divulgativo esercitano un’enorme influenza sulla formazione dei giovani, favorendo lo sviluppo di scienziati e ingegneri già in giovane età. Per questo motivo, è necessario promuoverne la produzione e la diffusione. È anche molto importante che le figure professionali o accademiche più anziane, guardino con grande attenzione alle idee e alle aspirazioni dei giovani, nei loro settori, per quanto strane possano apparire in prima istanza alcune di queste idee. Inoltre, gli scienziati devono ascoltare gli ingegneri e viceversa. Questo sembra ovvio, ma accade molto raramente. In ultimo, il talento e l’uso appropriato delle pubbliche relazioni da parte di uomini di scienza, non dovrebbero mai essere considerati come prove di superficialità o ciarlataneria, ma come necessari ed efficaci strumenti per il progresso della tecnologia.

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