lunedì, agosto 23, 2010

Lo spazio e il tempo di Giorgio Parisi

La relatività ristretta segna, nel 1905, un primo abbandono della concezione di tempo assoluto, ugualmente definito per ciascun osservatore. Infatti, nella relatività ristretta, il tempo e lo spazio sono sullo stesso piano e il fluire del primo è diverso, per due osservatori differenti (rallentamento del tempo con l'aumentare della velocità, paradosso dei gemelli, ecc.). Le predizioni della relatività ristretta sono facilmente verificabili sul piano sperimentale, anche se ci sono alcune zone oscure nella teoria.

La relatività generale del 1915 (che ebbe una spettacolare verifica sperimentale nel 1921, con la misura della deviazione della luce delle stelle durante un'eclisse di sole) causa un rimescolamento molto più profondo nelle nostre concezioni dello spazio-tempo e le conseguenze ultime di questa teoria non sono state ancora raggiunte.
La novità, nella teoria della relatività generale, consiste nel supporre che lo spazio-tempo non sia piatto e che la sua curvatura sia all'origine delle forze gravitazionali. A prima vista questo non sembra un grande cambiamento concettuale; i guai cominciano a palesarsi quando si considerano gli effetti di campi gravitazionali intensi. Infatti, la concentrazione di grandi quantità di materia in regioni ristrette dello spazio (dello stesso ordine di quelle che possono essere generate dal collasso di una stella) crea fenomeni completamente nuovi e apparentemente paradossali: i buchi neri.

La soluzione esatta delle equazioni gravitazionali (sotto ipotesi semplificatrici) porta alla conseguenza che una persona, che cade dentro un buco nero, raggiunge in un tempo soggettivamente finito l'istante che per un ipotetico osservatore esterno corrisponde, invece, a un tempo infinito. Si rimane quindi intrappolati dentro il buco nero e non si può tornare nell'universo attuale, in quanto il tempo (infinito) dell'universo usuale è già terminato.

Più in generale, l'aver concepito lo spazio-tempo come curvo, porta necessariamente alla possibilità che lo spazio abbia una struttura topologica complicata. Non si tratta semplicemente dell'eventualità che lo spazio sia finito, ma di qualcosa di ben più strano: come nei libri di fantascienza, è possibile che regioni apparentemente lontane dello spazio siano in realtà connesse tra loro, mediante una strada più corta (ovviamente questo può accadere solo in presenza di campi gravitazionali molto intensi); lo stesso potrebbe accadere per collegare regioni apparentemente lontane nel tempo: si cade dentro un buco nero e dopo un attimo di tempo soggettivo, si esce da un buco bianco (l'inverso del buco nero), che sono trascorsi alcuni miliardi di anni del tempo usuale.

Il lato più strano consiste nel fatto che la teoria della gravità quantistica sembrerebbe predire (almeno secondo una scuola di pensiero) che lo spazio-tempo sia pieno di queste strutture su scala microscopica (dette wormholes, ovvero buchi a forma di verme), che congiungono punti a distanza macroscopica. Altri sostengono che la struttura dello spazio nella gravità quantistica è ancora più complicata e su piccola scala lo spazio (come la superficie dell'acqua quando forma una schiuma) è lontano dall’essere approssimativamente piatto.

In tutte queste teorie non è affatto chiaro come mai, pur essendo lo spazio-tempo così curvo e complicato, su piccole scale, viene comunque da noi percepito come piatto. Al momento, la gravitazione quantistica resta un aspetto parzialmente incompreso; molti dubitano che essa sia una teoria coerente e propongono delle modifiche, sulle piccole distanze, alla teoria della gravitazione classica o alla meccanica quantistica.

Le sorprese non finiscono qui: teorie attualmente molto di moda ipotizzano che lo spazio abbia nove (o forse venticinque) dimensioni e che l'universo si estenda su una distanza piccolissima (10-33 cm) nelle sei dimensioni aggiuntive, mentre è estremamente vasto nelle dimensioni usuali. Teorie di questo genere sembrerebbero essere l'unica possibilità per tracciare le equazioni complete della gravitazione quantistica.

Ma si sta facendo strada un cambiamento di prospettiva ancora più radicale: gli oggetti di base descritti dalla teoria sono enti che esistono al di fuori dello spazio e del tempo; l'intrecciarsi di questi oggetti provoca l'emergere dello spazio e del tempo come proprietà collettive; le dimensioni dello spazio-tempo sono invece quantità derivate, che devono essere calcolate nella teoria. Metaforicamente, potremmo pensare che gli oggetti di base sono anellini: a seconda di come li connettiamo, possiamo avere oggetti con dimensioni diverse; per esempio una catena, una superficie o un solido compatto.

Gli sforzi di un gran numero di fisici sono concentrati nel cercare di capire se queste nuove proposte siano completamente coerenti e quali siano le corrispondenti previsioni sperimentali. Solo il futuro ci potrà dire fino a qual punto dovremo modificare i nostri concetti di spazio e di tempo.

Giorgio Parisi  - La chiave, la luce e l'ubriaco - Di Renzo Editore

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