lunedì, aprile 27, 2009

La scienza tradita

Il capo della delegazione Ps a Strasburgo Maria Pia Locatelli ha presentato una relazione al Parlamento Europeo per promuovere il rientro dei ricercatori creando un “mercato unico della ricerca”, la sua relazione è stata approvata con 512 voti favorevoli. La carenza cronica di "cervelli" in Europa è dimostrata chiaramente dalle statistiche: l'Unione dispone di ricercatori pari al 5,36 per mille della popolazione attiva, contro l'8,66 per mille degli Stati Uniti e il 9,72 del Giappone. In Europa il primo Paese a contare il maggior numero di ricercatori è la Svezia con 13 ricercatori ogni mille lavoratori, inutile affermare qual è il paese con meno ricerca, ovviamente l’Italia con meno di 3 ricercatori ogni mille lavoratori. Cercare nuove possibilità per agevolare il rientro dei ricercatori europei che hanno trovato “fortuna e sostegno” al di fuori dell’Unione Europea. L’idea è quella di creare nuovi network, gruppi di scienziati e ricercatori come Gruppo 2003 e “scienza in rete”, ma si dovrà anche capire se un incentivo economico, la possibilità di “fare carriera” o meglio ancora i vantaggi fiscali sia il modo giusto per far tornare i cervelli che hanno già preso il volo.
Siamo andati oltreoceano a cercare una giovane "ricercatrice" che si è allontanata dall'Italia, è tornata ma poi spinta dalla voglia di "sviluppare la sua personale ricerca" è tornata in America. Abbiamo incontrato Laura Soucek, giovane ricercatrice italiana che come molti ha preso la palla al balzo per far valere le sue capacità. Nel suo profilo di Linked si legge:
Amo la scienza in generale, ma la ricerca sul cancro, in particolare. Credo che un giorno sarà per sempre sconfitto e ho bisogno di cercare un nuovo posto di lavoro. Questa sarà una buona giornata! Mi piace anche la lettura e viaggiare e mi affascina la natura in tutte le sue forme.
Ciao Lura, Da quanti anni hai lasciato l’Italia per approdare in America?
Ho lasciato l'Italia per la prima volta nel 2001, con una borsa di studio del CNR integrata dall'Universita' della California (la borsa di studio Italiana, altrimenti, non sarebbe bastata nemmeno a pagare l'affitto!). Sono poi tornata assunta dalla UCSF nel 2003 e da allora sono venuta in Italia solo per vedere famiglia e amici.

Qual è la differenza tra la ricerca Italiana e quella Americana o estera in generale?
Qui ho trovato i mezzi per lavorare, fondi per portare avanti anche progetti a rischio e un sistema meritocratico che premia e stimola i piu' bravi. In poche parole: se produci, hai fondi quasi illimitati, ma se non produci, i tuoi fondi vengono dati a qualcun'altro che sapra' metterli a frutto. Sembra una cosa tanto semplice, ma in Italia non succede: i nostri pochi fondi si perdono in una miriade di sprechi, cosi' anche chi li farebbe fruttare ne riceve troppo pochi.
 
L'Italia non cura molto la ricerca scientifica, significa che abbiamo pochi mezzi per tenere in Italia le persone più vivaci, quelle che hanno voglia di affermarsi?
Nel nostro caro paese, ci sono persone valide, intelligenti, con idee brillanti, ma i mezzi a loro disposizione sono davvero pochi. Ci si arrabbatta con uno stipendio misero e si tenta di fare miracoli con i fondi che la generosita' degli Italiani da' a Telethon e AIRC (che Dio li benedica!).
 
Quelli che vanno via dall'Italia sono gli scienziati imprenditori o scienziati che non vogliono “marcire” sotto la burocrazia italiana?
Molti dei nostri ricercatori all'inizio della loro carriera fanno enormi sacrifici letteralmente per arrivare a fine mese. E si chiede loro di pensare solo alla scienza e a trovare la cura del secolo! Ma se non sanno nemmeno come pagare la bolletta della luce! Per non parlare poi della mancanza di soldi necessari a comprare reagenti e a pagare il personale. Da noi si va avanti con gli studenti che fanno gavetta in laboratorio per laurearsi. Quegli studenti non si pagano, percio' si tende a sfruttarli il piu' a lungo possibile, ma, una volta laureati (quando sanno davvero finalmente come lavorare), li si manda a casa perche' non si sa come pagarli: uno spreco di talenti e capacita'. Solo i piu' motivati (o quelli che hanno famiglie alle spalle che possono aiutarli economicamente) persistono nella ricerca di contratti a termine, nella speranza che si presenti "qualcosa di meglio". E questo, come ripeto, e' solo l'inizio di una carriera a tentoni. Io, dopo un dottorato in Genetica e Biologia Molecolare a Roma, ho deciso che forse valeva la pena vedere cosa ci fosse all'estero di diverso. Non pensavo minimamente di poter restare lontano da casa e famiglia per piu' di un anno. Non avevo velleita' di emigrante e non mi aspettavo grosse novita'. Speravo solo di prendere una boccata d'aria fresca dal clima pigro e pieno di frustrazioni dell'Universita' Italiana.

La tua ricerca su cosa tratta?
Sono approdata alla UCSF, University California San Francisco, nel laboratorio di Gerard Evan. Ho portato con me un progetto iniziato in Italia. Fin dai miei primi studi, mi sono interessata ad un gene coinvolto in moltissimi, se non tutti , i tumori umani. Questo gene si chiama Myc. La mia idea era di poter interferire con questo gene e usarlo come bersaglio in una terapia anti-tumorale. Durante i miei studi per la tesi di laurea e dottorato nel laboratorio di Sergio Nasi a Roma, avevo disegnato una molecola in grado di inibire Myc, chiamata Omomyc. E in America ho finalmente avuto l'occasione di provarne l'efficacia. Gerard mi chiedeva di lavorare anche su altri progetti, piu' in linea con il lavoro del suo laboratorio, ma mi dava anche la possibilita' di perseguire il mio progetto. Nel suo laboratorio, ho avuto la possibilita' di lavorare su modelli murini (topi) di tumori umani. Ho lavorato su cancro della pelle, del pancreas, dell'intestino e del polmone. I miei studi sul pancreas in collaborazione con Gerard, per esempio, hanno portato a grossi successi e pubblicazioni importanti, anche su Nature Medicine, la rivista piu' importante di Medicina nel mondo. Nel frattempo, su pelle e polmone, sono finalmente riuscita a testare Omomyc. E le cose sono andate davvero bene: l'inibizione di Myc causava immediata scomparsa dei tumori. L'altra piacevole sorpresa e' stata che, durante il trattamento, i topi stavano benissimo, mostrando lievissimi effetti collaterali in altri tessuti. In breve, Omomyc si dimostrava essere un'arma spietata contro i tumori, ma una terapia gentile su altri organi, una differenza enorme con le correnti chemio- e radio-terapie. E questi risultati sono stati pubblicati su Nature e sono rimbalzati anche su varie testate giornalistiche italiane, come un "successo Italiano", perche' nel lavoro ho incluso anche il mio mentore della tesi di Laurea e Dottorato, Sergio Nasi, che lavora ancora al CNR e con cui ho disegnato Omomyc. Questo da una parte mi fa davvero piacere, perche' sono contenta che si sappia anche a casa dei miei successi (che finora sono stati ignorati perche' non ho piu nessuna affiliazione con il CNR), dall'altra mi da' fastidio che la notizia sia spesso data in maniera scorretta, definendomi una "studentessa", "cervello in fuga", "membro del team di Sergio Nasi", ecc. Qualcuno ha addirittura scritto che Omomyc e' frutto di una ricerca condotta con "mille euro al mese"! Una bella barzelletta, insomma. Lo so io quanta fatica, nostalgia di casa, soldi, tempo e risorse sia costata!
Comunque, ne e' valsa la pena: il lavoro sta continuando, Omomyc sta per essere testato su altri tumori, le collaborazioni continuano e qualcuno (incluso il nostro laboratorio) sta pensando di disegnare un farmaco sul modello di Omomyc, perche' la "terapia gentile" diventi accessibile a pazienti al piu' presto.

Torneresti adesso in Italia per affrontare delle nuove sfide?
Tornare in Italia? Qualche volta ci penso. Come ho gia' detto, i miei affetti sono li'. Ma come fare? Sono appena stata a Roma, a parlare con qualcuno al CNR. La notizia e': i posti ci sarebbero, con mille euro al mese. E allora Omomyc tornerebbe ad essere una bella idea, con enorme potenziale, non protetta da brevetto (un altro motivo per non essere particolarmente appetibile a molti), ma solo una bella idea. L'Italia restera' sempre casa, ma ho l'impressione che il mio posto di lavoro sara' altrove e che io continuero' a fare la "pendolare degli affetti" con qualche altro posto del mondo.
 
Per approfondire:

1 commento:

Anonimo ha detto...

La ricerca in Italia è a 0 e non credo che sia possibile un miglioramento ne con un governo di sinistra ne tanto meno con un governo di destra. Si ha paura solamente di perdere soldi, e dove non c'è guadagno immediato non c'è investimento.