Siamo figli del caso o della necessità? Alla filosofia risponde ora la scienza con un’ipotesi legata al funzionamento dei neuroni. Sì, il libero arbitrio è una realtà documentabile. Esistono cioè ampi margini di libertà individuale sottratti al determinismo della struttura di partenza, i geni. Non solo: la stessa creatività può essere materia di indagine scientifica. È solo un problema di "Dinamiche caotiche cerebrali". Ecco titolo e temi della affascinante ricerca sui meccanismi della conoscenza che l’equipe di Tito Arecchi, uno dei grandi della fisica italiana, conduce ad Arcetri su un progetto Università - CNR - Istituto Nazionale di Ottica Applicata (INOA) al quale l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze contribuisce con un finanziamento triennale di oltre 120 mila euro. Due le sfide. La prima: come visualizzare la risposta del singolo neurone? I metodi noti (elettro o magneto-encefalo-gramma; risonanza magnetica funzionale) hanno scarsa risoluzione, localizzano un’area cerebrale, non il singolo neurone. Negli animali di laboratorio si inseriscono elettrodi sottili che "vedono" il singolo neurone, ma si tratta di un metodo invasivo non praticabile sull’uomo.La seconda sfida mira all’intelligenza vegetale. Spiega Arecchi: "in collaborazione con il LINV (Lab. Internazionale di Neurologia Vegetale) di Firenze, abbiamo misurato l’attività elettrica di cellule delle radici delle piante che somigliano ai neuroni. Ma il fatto che una singola cellula risponda con impulsi elettrici a uno stimolo è solo metà dell’analogia; è cruciale l’accoppiamento globale. In un certo senso, il cervello animale ha già inventato Internet da milioni di anni. E le piante?"
Su questi temi il professore ha di recente dato alle stampe un libretto (Coerenza, complessità, creatività, Di Renzo editore) che in 110 pagine riassume lo scenario della ricerca. Che inizia a Firenze nel 1982 quando l’equipe di Arecchi fornì la prima prova sperimentale di caos deterministico nei laser. Un ossimoro per dire che al passare del tempo la perdita di informazione iniziale dipende dal numero (almeno tre) dei parametri che la compongono. Esempio tipico la meteorologia: per quanto accurati siano i dati di partenza, dopo un po’ (un paio di giorni) nasce una incertezza che richiede ulteriori dati. Anche il sistema solare è caotico, ma l’informazione si perde in un milione di anni, perciò le nostre osservazioni, vecchie appena un migliaio di anni, paiono darci un sistema stabile .Così come il determinismo di Newton ha generato l’ideologia ottimistica della completa prevedibilità della scienza, così il caos deterministico ha generato l’ideologia post-moderna che le certezze durano poco e che tutto è indeterminato. "La verità sta nel mezzo", sostiene Arecchi. "Se riusciamo a controllare il caos per un tempo sufficiente a prendere decisioni significative, allora torniamo a vivere in un universo di certezze. Un essere intelligente non decide in base alle sole informazioni (affette da caos) ricevute attraverso i sensi; piuttosto le elabora attraverso le memorie pregresse (esperienze, istruzione, ecc.) e le ri-codifica in un contenuto nuovo, stabilizzato a sufficienza per decidere sensatamente su di esso".Ma come avviene tutto ciò? La corteccia cerebrale contiene milioni di neuroni e una percezione significativa implica l’accordo di un gran numero di essi. Il singolo neurone è un sistema dinamico che risponde a uno stimolo con un treno di brevi impulsi elettrici (un millesimo di secondo). Se isoliamo il singolo neurone, i suoi impulsi sono collocati nel tempo in modo caotico; se invece prendiamo una folla di neuroni che scambiano segnali mutui e che inoltre ricevono dati dal resto del cervello (parleremo del ruolo dell’attenzione e delle emozioni), questi neuroni possono accordarsi per una frazione di secondo a sincronizzare i propri impulsi; così come fanno i vari cantori di un coro quando cantano all’unisono.Dunque, mediante il controllo del caos, una giostra disordinata di stimoli individuali si organizza in una risposta collettiva che permette decisioni motorie (eseguire un’azione) o linguistiche. Anche un computer viene programmato con un repertorio finito da cui pescare per ri-elaborare un input, solo che lo fa in modo stereotipato, non si adatta alla situazione in corso d'opera. Noi invece possiamo ritagliare brani delle nostre memorie e ricomporli in modi inediti. "facciamo un uso infinito di risorse finite": questa è la creatività che distingue l'uomo dal computer.
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