venerdì, marzo 09, 2012

Il grande e il piccolo

Il concetto di infinito ha sempre esercitato un profondo fascino sugli uomini. Molte culture primitive attribuirono all'infinito significati mistici e tutt'oggi le principali religioni del mondo si riferiscono a Dio come a “l’Infinito”. Questo concetto gioca un ruolo fondamentale anche nelle scienze e recentemente i temi dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo sono stati oggetto di intense teorizzazioni da parte dei fisici.

Il concetto di infinito è stato fondato su basi strettamente matematiche solo nel XIX secolo; ma già al tempo degli antichi filosofi greci, enigmi e paradossi di insiemi infiniti erano dibattuti appassionatamente. I Greci introdussero l’idealizzazione concettuale della retta continua, o retta “reale”, come la chiamano i matematici, le cui due proprietà essenziali sono che non esiste limite alla sua estensione nelle due direzioni e neanche alla esiguità dei segmenti in cui può essere suddivisa. Tale
retta è quindi infinitamente lunga e contiene segmenti collegati infinitamente piccoli. Tutta la geometria greca è organizzata per dare un senso a queste infinite idealizzazioni.

La natura idealizzata della retta reale è sempre stata oggetto di controversia: è un artificio matematico o riflette con precisione le proprietà del mondo reale? Consideriamo l’infinitamente grande: tutti i bambini si sono chiesti a un certo punto se lo spazio si estenda all'infinito. La risposta classica è sì, perché se esistesse da qualche parte un confine che delimita lo spazio, allora sarebbe necessario considerare che cosa ci sia oltre quel confine.

In realtà, questa risposta è ambigua. I nostri antenati si posero la stessa domanda riguardo alla Terra e fu loro risposto che c’erano due possibilità: o che la superficie della Terra si estendesse all'infinito, o che da qualche parte vi fosse un termine, oltre il quale possibili esploratori avrebbero rischiato di cadere. 

L’errore insito in queste risposte è di non aver considerato la possibilità che la superficie della Terra sia effettivamente finita, ma senza confini. Oggi noi non facciamo nessuna difficoltà ad accettare l’idea che la Terra sia sferica, ma la gente continua a cadere nella vecchia trappola quando si pone la stessa domanda riguardo all'universo e insiste nell’affermare che lo spazio o si estende all’infinito o, in qualche modo, deve avere dei confini. 

Nel 1917 Einstein sbalordì il mondo scientifico quando propose un modello che prospettava un universo che è nello stesso tempo finito e senza confini. Egli fondò la sua cosmologia sulla sua nuova teoria della relatività generale, secondo cui la geometria dello spazio non è quella euclidea che impariamo a scuola: lo spazio, infatti, può essere “curvo” o “distorto” a causa della gravità e, come risultato di questa distorsione geometrica, può avere un volume finito senza essere delimitato, o chiuso, da confini. 

In effetti, il modello di Einstein è una generalizzazione della superficie sferica a tre dimensioni, che i matematici chiamano ipersfera. Un’ipersfera ha un volume finito (così come una sfera ha un’area di superficie finita), ma cercarne una delimitazione sarebbe vano. Un abitante di un’ipersfera potrebbe
viaggiare in una data direzione e tornare, alla fine, al punto di partenza, dopo aver circumnavigato l’universo: questa idea ci sembra tanto strana, oggi, quanto dovette sembrare bizzarra, ai nostri antenati, la possibilità di circumnavigare la Terra. 

Invece non c’è nulla di sbagliato, da un punto di vista logico, nella nozione di ipersfera, anche se la maggior parte delle persone trovano difficile immaginarla: l’ipersfera è perfettamente definibile
da un punto di vista matematico e le sue proprietà possono essere studiate usando tecniche di calcolo correnti.

Una delle sfide più impegnative per gli astronomi è riuscire a stabilire se l’universo possegga caratteristiche simili a quelle indicate per l’ipersfera. Purtroppo, anche se l’universo è finito, è ancora
troppo grande per le nostre esplorazioni e i telescopi oggi a nostra disposizione non ci permettono di osservarlo in tutta la sua estensione. Potremmo, però, rilevare la curvatura dello spazio ipersferico, così come possiamo determinare la curvatura della Terra senza doverla effettivamente circumnavigare.

Per capire questo concetto facciamo un esempio: in geometria piana esiste il ben noto rapporto tra l’area del cerchio e il suo raggio, per cui l’area del cerchio aumenta secondo il quadrato del raggio. 

Immaginiamo ora di disegnare un cerchio su una superficie sferica: la sua area sarà minore di quella di un cerchio dello stesso raggio disegnato su un piano. Possiamo visualizzare questo concetto immaginando di “appiattire” un cerchio curvo: per questo, sarà necessario effettuare dei tagli sul cerchio, il che significa che quella superficie curva non coprirebbe il corrispondente cerchio piano di egual raggio. Inoltre, quanto più il raggio comune ai due cerchi aumenta, tanto più diventa rilevante
la differenza tra quello piano e quello curvo.

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