Su Il resto del Carlino del 19 marzo 2009, è uscita una bella intervista a Francesco Paresce scienziato Italiano nonché nipote di Guglielmo Marconi.
Non capita a tutti di essere il nipote di un premio Nobel di cui, tra l'altro, ricorre il centenario dall'assegnazione del prestigioso riconoscimento, avvenuta nel 1909. Eppure il professor Francesco Paresce, astrofisico e figlio di Degna Marconi, primogenita del grande Guglielmo, vive con scioltezza la rinomata parentela. «E’ molto piacevole avere come nonno Marconi, ma, dall’altra parte, tutti si aspettano che anche io sia un genio come lui e invece sono solo un uomo», scherza come sa fare chi coltiva il gusto della battuta. Ha appena concluso una lezione in inglese sull'importanza della ricerca nello studio dell'Universo. Ieri mattina, al liceo Renzi delle Maestre Pie, ad ascoltarlo parlare di Venere e Marte, c’erano una cinquantina di studenti, tra i quali alcuni ragazzi svedesi di passaggio a Bologna, sulle orme del padre della radio.
Professore, lei è del 1940. Ha potuto conoscere suo nonno?
«No purtroppo lui è morto tre anni prima della mia nascita. Comunque, mia madre me ne ha parlato ricordando sempre la sua grande umanità. Io, invece, studiando fisica ho potuto comprenderne il valore, come scienziato per i suoi esperimenti sulle onde elettromagnetiche».
Ancora c’è chi gli contesta la paternità della radio.
«Lo so, ma non ci sono dubbi che il primo apparecchio in grado dì ricevere e trasmettere segnali l’ha inventato mio nonno nel 1895 a Villa Grifone. Nikola Tesla ha contribuito alla realizzazione dell'invenzione, ma il primo sistema è stato coniato da Marconi».
Lei, professore, ha sempre vissuto in Italia?
«Per lunghi periodi della mia vita, dopo il conseguimento della laurea in fisica a Roma, sono stato negli Stati Uniti. Nel 1967, quando scoppiò la contestazione giovanile, insegnavo astrofisica a Berkeley. Da qualche anno sono tornato e vivo a Osteria Grande.
E' soddisfatto di come Bologna sta onorando il centenario del Nobel per la fisica assegnato a suo nonno?
«Si sta facendo molto, ma, nel nostro Paese, celebriamo Marconi in maniera sbagliata. Sembra quasi un mago dell'etere venuto dal cielo. Occorre invece, recuperare il ricordo dell'uomo che, con caparbietà e pur se criticato dai professoroni del tempo, ha fatto scoperte importanti che hanno applicazioni notevoli nella nostra vita».
La scuola Maestre Pie quest'anno ha dedicato a Marconi un progetto che vede coinvolti tutti gli studenti, dalle elementari al liceo. Che ne pensa?
«Mio nonno è un valido esempio per i giovani, perché, pur non essendo mai andato a scuola, studiando, sperimentando e credendo in se stesso, è arrivato al Nobel. Purtroppo, i ragazzi di oggi hanno una scarsa autostima. Devono confidare di più nelle loro capacità, andare anche all'estero per approfondire le conoscenze e raggiungere gli obiettivi. Forza ragazzi».
Giovanni Panettiere
Non capita a tutti di essere il nipote di un premio Nobel di cui, tra l'altro, ricorre il centenario dall'assegnazione del prestigioso riconoscimento, avvenuta nel 1909. Eppure il professor Francesco Paresce, astrofisico e figlio di Degna Marconi, primogenita del grande Guglielmo, vive con scioltezza la rinomata parentela. «E’ molto piacevole avere come nonno Marconi, ma, dall’altra parte, tutti si aspettano che anche io sia un genio come lui e invece sono solo un uomo», scherza come sa fare chi coltiva il gusto della battuta. Ha appena concluso una lezione in inglese sull'importanza della ricerca nello studio dell'Universo. Ieri mattina, al liceo Renzi delle Maestre Pie, ad ascoltarlo parlare di Venere e Marte, c’erano una cinquantina di studenti, tra i quali alcuni ragazzi svedesi di passaggio a Bologna, sulle orme del padre della radio.
Professore, lei è del 1940. Ha potuto conoscere suo nonno?
«No purtroppo lui è morto tre anni prima della mia nascita. Comunque, mia madre me ne ha parlato ricordando sempre la sua grande umanità. Io, invece, studiando fisica ho potuto comprenderne il valore, come scienziato per i suoi esperimenti sulle onde elettromagnetiche».
Ancora c’è chi gli contesta la paternità della radio.
«Lo so, ma non ci sono dubbi che il primo apparecchio in grado dì ricevere e trasmettere segnali l’ha inventato mio nonno nel 1895 a Villa Grifone. Nikola Tesla ha contribuito alla realizzazione dell'invenzione, ma il primo sistema è stato coniato da Marconi».
Lei, professore, ha sempre vissuto in Italia?
«Per lunghi periodi della mia vita, dopo il conseguimento della laurea in fisica a Roma, sono stato negli Stati Uniti. Nel 1967, quando scoppiò la contestazione giovanile, insegnavo astrofisica a Berkeley. Da qualche anno sono tornato e vivo a Osteria Grande.
E' soddisfatto di come Bologna sta onorando il centenario del Nobel per la fisica assegnato a suo nonno?
«Si sta facendo molto, ma, nel nostro Paese, celebriamo Marconi in maniera sbagliata. Sembra quasi un mago dell'etere venuto dal cielo. Occorre invece, recuperare il ricordo dell'uomo che, con caparbietà e pur se criticato dai professoroni del tempo, ha fatto scoperte importanti che hanno applicazioni notevoli nella nostra vita».
La scuola Maestre Pie quest'anno ha dedicato a Marconi un progetto che vede coinvolti tutti gli studenti, dalle elementari al liceo. Che ne pensa?
«Mio nonno è un valido esempio per i giovani, perché, pur non essendo mai andato a scuola, studiando, sperimentando e credendo in se stesso, è arrivato al Nobel. Purtroppo, i ragazzi di oggi hanno una scarsa autostima. Devono confidare di più nelle loro capacità, andare anche all'estero per approfondire le conoscenze e raggiungere gli obiettivi. Forza ragazzi».
Giovanni Panettiere
Il Resto del Carlino 19 Marzo 2009
Per approfondire:
- Francesco Paresce Tra razzi e telescopi
- Degna Marconi Paresce Marconi, mio padre
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