Tutto Libri, la Stampa, sabato 5 maggio 2007, pag. VIII
Ma la formula della verità non c'è
di Piero Bianucci
La scienza è un'isola che si espande nell'oceano dell'ignoto. La sua superficie cresce continuamente, ma insieme si allunga la linea della costa, cioè il confine con il mistero. Non basta. Forse l'isola della scienza è un atollo: la sua espansione comporta l'allargamento del mare interno. Cioè l'incertezza sui fondamenti filosofici del sapere. Einstein provocatoriamente si domandava se la Luna esistesse anche quando non la guardiamo e dava per scontata la risposta affermativa. Oggi quel sano realismo appare meno sano. La scienza studia la realtà o i nostri modelli mentali? Dove passa il confine tra realtà e conoscenza? Il tema della Fiera del Libro 2007, visto con la lente della scienza, si offre a molti approcci. Scegliamone sette e partiamo dal più concreto.
Confini di mercato. Con 10 milioni di copie, Dal big bang ai buchi neri di Stephen Hawking (Bantam Press 1988, edito in Italia da Rizzoli, ora nella Bur) segna il confine del maggior best seller scientifico. Riflessione e viatico per proseguire la lettura: il libro più venduto spesso è il meno compreso.
Confini superati. Thomas Kuhn, filosofo della scienza, ha introdotto la distinzione tra «scienza rivoluzionaria» e «scienza normale». La prima supera i confini acquisiti e instaura paradigmi nuovi spazzando via le concezioni dominanti. È successo quando Copernico tolse la Terra dal centro dell'universo o Einstein la teoria della relatività. È successo con la meccanica dei quanti e con la doppia elica del Dna. Tra le fasi rivoluzionarie si inseriscono ricerche di «scienza normale» entro il paradigma comunemente accettato, fino a quando affiora qualche punto debole che porta alla crisi e apre la via al paradigma successivo. Il libro-cardine di Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, risale al 1962. In Italia arriva con Einaudi 17 anni dopo. Ancora oggi è una bussola per orientarsi nella storia della scienza.
Confini come limite. Solo una scienza ingenua può aspirare alla Verità (a parte la matematica, che però si muove tra concetti da essa stessa creati, in un mondo tutto suo). Nel metodo scientifico - osservazione, ipotesi, esperimento l'obiettivo non è la Verità ma la verificabilità. La corrente filosofica dell'empirismo logico distingue poi tra verificabilità forte, capace di asserzioni universali, e verificabilità debole, riferita a fatti empirici ma tale da consentire la previsione di altri fenomeni.Anche questo criterio però è sembrato troppo muscolare a Karl Popper, che al principio di verificabilità ha sostituito il principio di falsificazione: una tesi scientifica è tale solo se si può provare che è falsa. In sostanza, è impossibile arrivare a conclusioni di valore universale partendo da un numero finito - per quanto grande - di conferme particolari, mentre una sola smentita è sufficiente a dimostrarne la falsità. La logica della scoperta scientifica, testo base del pensiero di Popper, portato in Italia dall'editore Einaudi, risale al 1934. Lo stesso anno in cui il matematico Bruno de Finetti lavora al saggio L'invenzione della verità, sorprendente inedito pubblicato pochi mesi fa da Raffaello Cortina con una introduzione di Giulio Giorello. Da allora la filosofia della scienza ha fatto molta strada. Ma non è detto che sia andata più lontano.
Confini raggiunti. Pur con tutta la cautela di Kuhn e di Popper, la scienza vanta una lunga serie di confini raggiunti. Galilei e Keplero hanno integrato Copernico, Newton ha dato pilastri matematici alla visione copernicana, Einstein ha incluso la concezione di Newton come un caso particolare nella teoria della relatività. Su un altro fronte, Darwin ha fondato l'evoluzione biologica: integrazioni e precisazioni venute in tempi recenti non fanno che rendere ancora più potente l'intuizione del grande naturalista inglese. Rimangono dunque da leggere capolavori del pensiero (e spesso anche della scrittura) come il Dialogo dei massimi sistemi di Galilei, L'origine delle specie di Darwin e l'esposizione divulgativa della relatività scritta dallo stesso Einstein.
Confini cancellati. Fisica nucleare e cosmologia hanno abolito il confine tra estremamente piccolo ed estremamente grande. Non si può capire l'universo - la sua nascita, l'espansione, il destino finale - senza capire le particelle elementari. Per convincersene basta leggere La musica del Big Bang di Amedeo Balbi, appena uscito da Springer. Balbi ha lavorato a Berkeley con George Smoot (Nobel 2006) e prepara la missione spaziale europea «Planck» che darà gli ultimi ritocchi al quadro delle origini cosmiche.
Confini dell'ignoto. L'universo osservato è solo il 5 per cento di ciò che esiste: da pochi anni gli scienziati sanno che il resto è formato da materia ed energia oscure. L'ultima sfida è comprenderne la natura. Siamo sulla battigia dell'isola, sull’attuale confine dell'ignoto. Ce lo spiegano tre libri affascinanti: L'universo strano di Tom Siegfried (Dedalo), La teoria del quasi tutto di Robert Oerter (Codice) e Oltre l'apparenza del mondo di Stephen Webb (Bollati Boringhieri).
Confini etici. Prima la fisica, poi la chimica e la biologia hanno messo gli scienziati di fronte a responsabilità enormi. Distruggere la Terra e manipolare la vita oggi sono cose a portata di mano. La frontiera dell'etica incrocia quella della conoscenza. Sarà il confronto culturale dei prossimi anni. Molti ricercatori (non tutti) lo sanno. Di Roald Hoffmann, premio Nobel per la chimica, la Di Renzo Editore ha appena pubblicato Se si può, si deve?, testo teatrale che discute la responsabilità degli scienziati. È la storia di un chimico che si uccide dopo aver appreso che un gruppo di terroristi ha utilizzato una neurotossina di sua invenzione. Nel 1962 Dürrenmatt ci presentava il senso di colpa dei fisici ideatori della bomba atomica. Ora entrano in scena chimici, biologi, genetisti. I confini tra epica e scienza sono i più mobili.
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