Quando proprio a Trieste, nel marzo del 1992, venne organizzata una grande conferenza su "Il rinascimento della relatività generale e della cosmologia" per festeggiare i suoi 65 anni, accorsero tutti i membri più rappresentativi di un "albero genealogico" che comprende oltre duecento nomi. Stephen Hawking, innanzitutto, di cui Sciama fu supervisor a Cambridge, aiutandolo a reagire alla crudele paralisi progressiva che oggi lo inchioda su una sedia a rotelle e lo obbliga a parlare attraverso il sintetizzatore vocale d’un computer. E poi molti altri nomi prestigiosi: John Barrow, Martin Rees, Roger Penrose, George Ellis, Brandon Carter.
Nato il 18 novembre
Ma si vantava di aver seguito anche un corso tenuto da Ludwig Wittgenstein, ricavandone un "interesse amatoriale" per la filosofia che influenzerà il suo lavoro scientifico e al quale non erano forse estranee le sue ascendenze mediorientali: il nonno paterno veniva da Aleppo di Siria, la madre era nata al Cairo. E il suo nome in origine suonava Shamah, ovvero "colui che guarda". Un nome quasi profetico per un astrofisico...
Decisive, negli anni di Cambridge, furono le lunghe discussioni notturne con Bondi, Gold e Hoyle, i "padri" dell'universo stazionario, la teoria cosmologica allora in voga che voleva un universo senza inizio né fine e che esercitava su Sciama un forte appeal estetico. Ma quando, a metà degli anni Sessanta, venne scoperta la radiazione di fondo che permea tutto il cosmo, Sciama fu tra i primi ad abbracciare la teoria del Big Bang.
Ottenuto il Ph.D. nel 1953, Sciama iniziò un itinerario scientifico che lo condurrà dapprima all'Institute for Advanced Study di Princeton, dove ebbe la ventura di conoscere di persona Albert Einstein poco prima della morte (e il racconto di quella visita che il giovane e tremebondo astrofisico fece al "grande vecchio" della relatività era uno dei gustosi aneddoti che Sciama amava rievocare, imitando il marcato accento tedesco di Einstein). Poi eccolo di nuovo in Inghilterra, al King's College di Londra e, dal 1970, con un incarico d'insegnamento all'All Souls College di Oxford. Inframmezzando lunghi soggiorni negli Stati Uniti: Harvard, Cornell, l'Università del Texas a Austin. Nel 1959 sposa Lidia Dini, veneziana, antropologa sociale, conosciuta in Israele quando Sciama frequentava l'Istituto Weizmann e dalla quale ha avuto due figlie: Susan (pittrice) e Sonia (psicologa).
La spola tra la casa di Oxford e la casa di Venezia cominciò a includere periodiche puntate a Trieste quando a Sciama venne offerta la direzione della sezione di astrofisica della SISSA. Un incarico mantenuto fino a un anno prima della morte. Quando Dennis era alla SISSA o al vicino Centro di fisica teorica, lo si incontrava facilmente in biblioteca o al bar, intento al rito pomeridiano del tè e della lettura del Times, o mentre prendeva il caffè discutendo con i suoi studenti e i colleghi più giovani.
Il carisma scientifico e didattico di Sciama si ritrova anche nei suoi libri divulgativi, che evitano ogni concessione al sensazionalismo cosmologico: dai classici L'unità dell'universo, La relatività generale, Cosmologia moderna (tutti pubblicati anche in Italia) fino ai più recenti The Thermodynamics of Black Holes, scritto con Derek Raine, e Modern Cosmology and the Dark Matter Problem.
Due teorie soprattutto restano legate al nome di Dennis Sciama. La prima è quella del ruolo dei neutrini in cosmologia come potenziali costituenti della materia oscura. Sciama ipotizzava che i neutrini primordiali formatisi immediatamente dopo il Big Bang decadessero in neutrini più leggeri e in fotoni altamente energetici, responsabili della formazione dell'idrogeno ionizzato osservato nell'alone delle galassie. E sperava che la "firma" di questi fotoni potesse venire identificata da un mini-satellite spagnolo messo in orbita nel 1997. Ma così non è stato. E Sciama si è visto quindi costretto a ripensare alla sua ipotesi, esponendone una nuova versione giusto un mese prima della morte.
L'altra grande teoria di Sciama è quella dei multi-universi, una teoria metafisica che cerca di risolvere con una fuga in avanti l'imbarazzo del principio antropico. Spiegava Sciama, con quella sua vibrante voce da attore che ne faceva uno splendido conferenziere: "L'universo che conosciamo è in sintonia con la nascita della vita, con l'evoluzione dell'uomo e della sua intelligenza. Tutti i parametri cosmologici, astronomici, fisici e chimici ci appaiono finemente modulati in funzione della nostra specie. Il caso? La mano di Dio? Io preferisco credere che il nostro sia soltanto uno degli infiniti universi esistenti, ciascuno con caratteristiche sue proprie e inaccessibili tra loro. In questo nostro universo si è formato l'uomo. In altri universi, forse, esistono creature diversissime da noi. Come altrimenti è possibile pensare che regole fisiche e matematiche semplici e fondamentali, pur non avendo nulla a che fare con la mia esistenza, possano condurre alla mia persona?"
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