giovedì, febbraio 07, 2008

Il ritmo del tempo


Giornale di Astronomia, n. 4, dicembre 2007, pag. 59

di Giorgio G.C. Palumbo

(Igor D. Novikov, Il ritmo del tempo, Di Renzo Editore, 2006)

Illustre scienziato sovietico, ora trasferitosi in Danimarca, Igor Novikov racconta la sua storia, la storia dei suoi sogni scientifici, delle sue avventure. Novikov, fin da ragazzo, è affascinato dal concetto di tempo. Perché scorre solo in un verso, perché sempre alla stessa velocità, perché uguale per tutti? Attraverso gli studi della relatività, affascinato come molti fisici dalla mente e dalla personalità di Einstein, guidato da Zelmanov, il suo maestro durante gli anni di formazione, Novikov scopre che il tempo può anche scorrere nel verso opposto, che trascorre a velocità diverse a seconda dell’osservatore, ma questo, in teoria, diventa un effetto di sostanziale entità solo nelle vicinanze di un buco nero. Tutte queste meravigliose scoperte sul tempo Novikov le fa studiando le teorie della fisica moderna e le racconta con semplicità e lucidità esemplari. Ma sono concetti che vengono ormai spiegati in molti libri di divulgazione. Ciò che ho trovato di grande interesse, invece, sono i frammenti di vita che Novikov racconta, a partire dall’infanzia in uno sperduto villaggio dell’enorme Russia, allevato dalla nonna. Quanta strada ha dovuto fare quel ragazzino per arrivare a lavorare con Zeldowich, per essere scelto dall’Accademia delle Scienze dell’URSS come uno dei tre scienziati sovietici a ottenere il permesso per partecipare al Texas Simposium di Astrofisica Relativistica a New York nel 1967!

Novikov racconta i fatti senza fronzoli, con la stessa stringata precisione con cui parla della fisica del tempo. Le emozioni il lettore impara a coglierle procedendo con la lettura. L’amicizia con Kip Thorn, così solida da spingere quest’ultimo a sborsare una ingente somma per permettere all’amico Igor di sottoporsi a una delicata operazione chirurgica in America. Novikov candidamente commenta l’impressione ricevuta dall’incontro e dalla frequentazione dei maggiori scienziati sovietici e occidentali. la stima per Zeldowich e Sacharov, ma anche per Hawking e Wheeler traspare chiaramente, ma, come sempre, sotto tono. fra i tanti, solo il nome di un italiano che viene descritto come una macchietta.
Capolavoro di colori sfumati, di paesaggi nebbiosi, il racconto di Novikov non contiene accenni, né positivi né negativi, a riguardo del regime sovietico, duro e severo, in cui è cresciuto e nel quale, però, si è mosso bene, certo grazie alla sua scienza eccelsa, ma forse anche grazie a un atteggiamento di condivisione (ma questo Novikov non lo dice). Altrettanto assenti i commenti nei confronti del sistema opposto, quello occidentale, nel quale vive tuttora. Significativa comunque la scelta della Danimarca, invece degli USA, meta preferita di quasi tutti i suoi ex colleghi.

Interessante lettura, questo volume ci invoglia a saperne di più e ci lascia sperare che segua una autobiografia più approfondita e dettagliata, anche di esperienze personali. In fondo, tutti noi vorremmo sapere cosa veramente pensano questi “cervelli” dell’Est, formatisti in ambienti duri e spietati, ma estremamente favorevoli alle scienze fisiche e rispettosi della scienza in genere; in particolare, ora che hanno scelto di vivere nei nostri paesi dove, probabilmente, è più semplice la vita quotidiana e migliore il livello di benessere familiare, ma non c’è più quel privilegio che condividevano i membri della Akademika Nauka ai tempi del blocco tra i due fonti.


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