martedì, settembre 19, 2006

I grandi della scienza: Max Perutz e l'emoglobina

Sono un chimico che lavora in un centro di ricerche di fisica su argomenti di biologia". Così amava definirsi Max Ferdinand Perutz, morto a Cambridge il 6 febbraio, a quasi 88 anni. Un chimico che ha avuto un'influenza profonda sulla medicina, svelando l'architettura e il meccanismo d'azione dell'emoglobina e ponendo così le basi della biologia molecolare.

Ma anche un maestro di scienza e di vita per i suoi collaboratori. Negli ultimi vent'anni aveva pubblicato oltre cento lavori, l'ultimo era apparso su Nature nel luglio dell'anno scorso. E fino a Natale, nonostante l'incombere della malattia, non aveva voluto abbandonare il suo bancone di laboratorio. Ci sono luoghi al mondo che sembrano favorire la creatività e attirare persone d'eccezione. Uno di questi luoghi è il Cavendish Laboratory di Cambridge, dove all'inizio del secolo scorso Ernest Rutherford aveva posto le basi della fisica nucleare, e dove i due Bragg (padre e figlio) avevano sperimentato l'impiego della diffrazione a raggi X da parte dei solidi cristallini per determinare le distanze tra gli atomi.

La tecnica verrà poi sviluppata - sempre al Cavendish - da John Desmond Bernal, che insegnerà il mestiere a Max Perutz, il quale avrà tra i suoi primi studenti di dottorato John Kendrew e Francis Crick. Un esempio di trasmissione culturale che troverà una celebrazione straordinaria nell'annata 1962 dei Nobel, quando Perutz e Kendrew riceveranno il premio per la chimica per aver identificato rispettivamente la struttura dell'emoglobina e della mioglobina, e Watson e Crick (assieme a Maurice Wilkins, dell'Università di Londra) quello per la medicina per la doppia elica del DNA. E altri scienziati del Cavendish verranno insigniti del Nobel negli anni successivi.

A che cosa è dovuta questa fioritura di talenti? Forse è stato proprio Max Perutz a rivitalizzare l'ambiente di Cambridge quando fondò e diresse, dal 1962 al 1979, il Laboratorio di biologia molecolare. Le sue direttive erano semplici ma efficaci: scegliere i giovani più promettenti, massima libertà intellettuale, burocrazia al minimo, grande disponibilità umana, facilitando l'osmosi di idee tra i diversi gruppi di ricerca. Perutz era approdato in Gran Bretagna nel 1936 dalla natia Vienna, dove il padre (fabbricante di tessuti) contava di inserirlo nell'azienda di famiglia. Ma un insegnante lo aveva fatto innamorare della chimica e Max la spuntò: si iscrisse a chimica all'Università di Vienna e poi ottenne il dottorato a Cambridge, con Bernal.

"Fu lui a insegnarmi che l'enigma della vita era racchiuso nella struttura delle proteine, e che la cristallografia a raggi X era il solo modo per venirne a capo" racconterà in seguito Perutz. All'epoca si pensava che anche i geni fossero costituiti da proteine. Così il giovane Perutz imparò le tecniche di cristallografia per applicarle alla biochimica. E scelse di studiare l'emoglobina, la proteina più abbondante e facile a cristallizzare, utilizzando quella estratta dal cavallo.

Ma i tempi s'incupivano. Nel 1938 Hitler s'impadroniva dell'Austria e i Perutz (di origine ebraica) dovettero cedere la loro azienda. William Lawrence Bragg, allora a capo del Cavendish Laboratory, fece ottenere a Max una borsa di studio della Rockefeller Foundation. Questo consentì a Perutz di far trasferire i genitori in Gran Bretagna. Ma con lo scoppio della guerra furono tutti internati come potenziali nemici. Perutz venne deportato a Liverpool e poi in Canada, nel Quebec. Solo nel 1941 i colleghi di Cambridge (tra i quali la futura moglie) ne ottennero la liberazione. E Perutz fu allora coinvolto in un singolare progetto di importanza strategica: trovare il modo di rendere il ghiaccio a prova di proiettili per creare, nell'Atlantico, vere e proprie navi iceberg, che consentissero agli aerei degli Alleati di atterrare per rifornirsi di carburante.

I primi risultati delle ricerche si rivelarono promettenti, ma il progetto venne sospeso quando i bombardieri acquistarono un'autonomia tale da varcare l'oceano senza scalo. Finita la guerra, Perutz poté tornare a occuparsi delle proteine. Pareva un'impresa disperata ricostruire l'arrangiamento tridimensionale di molecole tanto complesse, con migliaia di atomi. I primi risultati arrivarono solo nel 1953, quando Perutz riuscì a incorporare atomi di un metallo pesante, il mercurio, in posizioni definite dell'emoglobina. In questo modo la diffrazione cristallografica risultava alterata, e i cambiamenti potevano essere usati per determinare la struttura della molecola nelle tre dimensioni.

Nel 1959 la struttura spaziale dell'emoglobina e della mioglobina era cosa fatta. Racconterà Perutz: "Eravamo come esploratori alla scoperta di un nuovo continente. Ma ora bisognava spiegare il meccanismo molecolare dello scambio respiratorio". L'obiettivo venne centrato da Perutz e Kendrew negli anni successivi al Nobel. Un meccanismo che si rivelerà la chiave per comprendere numerose malattie ereditarie. A cominciare dall'anemia falciforme, dovuta a una sintesi difettosa dell'emoglobina.

Accanto al lavoro scientifico Max Perutz ha sempre dedicato una fetta del suo tempo a scrivere e a parlare di scienza, con articoli e recensioni pubblicati su svariate riviste: dalla New York Review of Books al New Yorker, da Nature al New Scientist. Sono veri e propri piccoli saggi, raccolti in un paio di libri pubblicati nel 2000 in Italia da Baldini&Castoldi: E' necessaria la scienza? (392 pagine; 9,30 euro) e Spaccare l'atomo in quattro (366 pagine; 16,53 euro).

Per Di Renzo Editore Max Perutz ha pubblicato Le molecole dei viventi.

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