"La chiave, la luce e l'ubriaco" Semplicità e chiarezza sono alla base del libro di Giorgio Parisi, che affascina anche i meno esperti
Un ubriaco, di notte, si mette a cercare una chiave sotto un lampione. Arriva un tale che lo aiuta, ma, non trovando nulla, gli chiede se è proprio sicuro di aver perso lì la chiave. L'ubriaco risponde: "No, non sono affatto sicuro, ma è qui che c'è luce".
E' da questa vecchia storiella, che prende spunto - e anche il titolo - il libro di Giorgio Parisi, La chiave, la luce e l'ubriaco pubblicato da Di Renzo Editore, nella collana "I dialoghi" .
Fisico teorico di fama internazionale, Parisi si è cimentato in una discussione sui temi fondamentali della sua materia. rispondendo a domande volte a soddisfare la curiosità dei lettori, anche non addetti ai lavori.
Nasce così un testo agile e accessibile, per la capacità di affrontare complesse questioni scientifiche con un linguaggio estremamente chiaro.
"Gli scienziati fanno le cose che riescono a fare. Quando si accorgono di disporre dei mezzi per studiare qualcosa che fino a quel momento era stato trascurato, allora si impegnano per quella strada", afferma Giorgio Parisi, spiegando in che modo si muove la ricerca scientifica fondamentale.
Il percorso di Parisi, ne La chiave, la luce e l'ubriaco, si snoda lungo le tappe principali della sua vita professionale, e dell'evoluzione della teoria della fisica. Illustra come questa scienza si sia evoluta nel tempo, i problemi più attuali, le interazioni tra ricerca di base e sviluppo tecnologico, e gli scenari futuri che potrebbe spalancare la sinergia tra la fisica dei sistemi complessi e la biologia.
Le domande poste a Giorgio Parisi spaziano dalla nomenclatura, a questioni di carattere pratico, come il contributo dato dai calcolatori all'evoluzione della fisica moderna, fino a toccare temi più specifici come la definizione dei sistemi complessi.
Dalle pagine di questo saggio emerge che, anche se noi non ci occupiamo della fisica, la fisica si occupa di noi. Infatti, più spesso di quanto si crede, sono le leggi della fisica a regolare le dinamiche della nostra quotidianità. Senza dimenticare che lo scopo principale della teoria è migliorare le capacità dell'uomo di conoscere e di controllare i fenomeni della natura.
La chiave, la luce e l'ubriaco si chiude con una riflessione sul mondo accademico e sull'esubero di dottorandi: "Cosa ne faremo di tutti questi dottorandi?", chiede Parisi. "Essendo piuttosto debole, in Italia, la ricerca nell'industria privata. i futuri dottorandi dovrebbero confluire esclusivamente nell'università". Per questo motivo, lo studioso rivolge un appello a società e industria affinché si avvalgano della competenza di chi si è formato nel campo della ricerca. 'Tuttavia - afferma Parisi - questo inserimento può avvenire solo nel quadro di un auspicato ripensamento globale delle scelte strategiche di investimento industriale e di ammodernamento della pubblica amministrazione, altrimenti aumentare i dottorati non farà altro che aumentare i precari della ricerca".
A tal proposito, l'autore si dice convinto che "se in Italia, i grandi commis dello stato e i vertici delle aziende private avessero tutti un dottorato [non necessariamente scientifico], la ricerca, l'innovazione e il trasferimento tecnologico sarebbero molto più sviluppati e la classe dirigente migliorerebbe sotto tutti gli aspetti, forse anche politici".
Il corriere laziale, mercoledì 28 giugno 2006, Arte & Cultura, Valentina Ascione
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